
Quanti, dissero e ridissero, nel bagno porpora di vita e morte.
Quanto ogni potere dato e preso, a sfregio e scusa, come scudo s’ inalbera al cielo ed alla sorte.
E forte è dato, ad ingigantire il forte.
E preso, ad impietosire il folle.
Folle di vita, di solitudine e disperazione.
E nel piccolo identica vedo la stessa, bramosa ed insignificante incomprensione a se e al mondo.
E nello specchio osservo, con occhi assonnati, l’ adagio e l’ ingrasso all’ anima che nel calice stracolmo abbondano.
Oh forse lontano un mattino sveglio e desto al mondo potrò osservare finalmente il cielo,
sgombro di nubi, sgombro di ombre, sgombro di falsa accecante luce.
ODINO
MA CHE TU
PENSI DEL CIELO
E DELLA TERRA INTERA?
DEL CIELO E DELLE NUVOLE
DELLE ONDE DEL TEPORE E DELLA LUCE?
DEL FISCHIO DEL TEMPO, DELL’ URLO DEL GABBIANO,
E DEL SILENZIO INNOCENTE, ARDENTE DEI TUOI OCCHI NERI E COSI’ PROFONDI?
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