Lunedì, 17 Luglio, 2023

Il Coraggio.

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Il Mondo oggi, tutto il nostro Mondo ha bisogno di eroi.

Eroi per gli uomini.

E’ quantomeno controverso pensare ai Titani, esseri primordiali precedenti agli Dei dell’Olimpo, come ad eroi per noi piccoli esseri umani.
Ma ve ne sono due in particolare che immolandosi hanno permesso all’umanità di ergersi e poi sopportare il peso del creato.
Prometeo e Atlante, due coraggiosi eroi che sacrificarono la propria esistenza per rendere l’uomo libero dall’influenza di Dei dispotici ed egoisti, e che persero in tale tentativo.
Prometeo che rubò il fuoco agli Dei per donarlo agli uomini. Il fuoco della conoscenza. Per questo si narra che Zeus, furente, fece sprofondare il titano negli abissi al centro della Terra, in un tremendo terremoto. Un’aquila, mandata sempre da Zeus, infliggerà per l’eternità a Prometeo un atroce supplizio, rodendogli il fegato.
Atlante che lottò per sconfiggere sempre la supremazia degli Dei e fu condannato a sostenere sulle sue sole spalle il Mondo. Un peso che è il peso dell’umanità tutta.
Cosa hanno a che fare questi miti con il coraggio?
Lo stesso rapporto che hanno avuto nella loro vita le protagoniste di queste due storie.

Gilda e Soledad.

Gilda aveva appena il mese scorso compiuto sessant’anni.
Gilda non ricordava quasi nulla della sua vita.
Gilda aveva vissuta almeno metà della sua vita come immersa in una fitta nebbia di cui a livello cosciente non aveva ricordi significativi.
Gilda aveva auto un padre, di origine turca. Dispotico maschilista ed estremamente autoritario. Non le aveva permesso di condurre una vita come quella che tutte le ragazze della sua età conducevano. Non era mai andata a ballare, non aveva mai fatto una vacanza, persino al cinema le pochissime volte che vi si era recata erano state esclusivamente in compagnia dei suoi genitori.
Gilda aveva avuto anche una madre. Che in lei non aveva lasciato alcun sentimento positivo. Una donna passiva e remissiva, totalmente assoggetta ai voleri del marito.
Gilda non aveva neppure potuto scegliere il compagno della sua vita. Questo le era stato imposto dal padre. Ma era stata molto fortunata. Come marito il destino le aveva serbato un bellissimo, alto più di un metro e ottanta, turco di provenienza armena. Una pelle ambrata e luminosa, una mente gentile e sveglia accompagnata da un corpo atletico.
Gilda aveva vissuto il suo matrimonio con ardore e passione. Il marito aveva capito sin da subito i problemi esistenti tra la sua compagna e la famiglia di origine ed aveva fatto in modo che non vi fossero indebite interferenze nella vita di lei, arrivando anche a fare in modo di trasferirsi lontano dai suoceri. Il padre per tutta risposta sentendosi tradito aveva reciso ogni rapporto con loro.
Gilda visse quei quindici anni di matrimonio con riconoscenza, sentendosi finalmente viva e degna di condurre un’esistenza appagante.
Gilda ebbe in dono da quel matrimonio due meravigliosi figli, un maschietto dagli occhi neri come il padre ed una figlia che sembrava proprio lei bambina.
Gilda al compimento del quattordicesimo anno del figlio perse quel compagno che l’aveva emancipata alla vita. Un terribile incidente in moto le portò via in un attimo colui che aveva amato così tanto. Fu un giorno funesto e terribile da cui non riuscì più a riprendersi nell’anima. Riuscì a tirare su entrambi i suoi ragazzi con devozione e sacrificio, ma non ebbe mai più una vita sua come non l’aveva avuta prima del matrimonio.
Gilda quasi cinquantenne fu oggetto di un’altra terribile tragedia. La perdita del figlio. Un incidente futile, banale ed inutile. Causato da una semplice caduta che non avrebbe compromesso minimamente quella vita se non fosse stato presente uno spigolo di un gradino di marmo che gli fracasso la scatola cranica, facendolo morire dissanguato.
Gilda ora invece si trovava in ospedale.
Gilda aveva accompagnato l’unico frutto della sua vita ancora rimastele, l’amata figlia, per un ricovero nel quasi vano tentativo di salvarla da una brutta malattia tumorale. Sapevano entrambe, madre e figlia, che le speranze erano davvero contenute, ma la madre proprio non voleva arrendersi all’idea di perdere quell’ultimo legame che la teneva ancorata alla vita. La figlia era incinta all’ultimo mese di gravidanza. Era stata abbandonata dal compagno che assolutamente non voleva riconoscere la paternità del nascituro.
Gilda ora era terrorizzata alla sola idea di perdere entrambi.
Gilda con una forza che mai avrebbe pensato di avere accompagnò la figlia sino all’ultimo istante in cui un ansimo finale spezzo la sua giovine vita. Lasciandola sola con una minuscola bimba appena salvata a cui dette il nome di Elpide (Speranza).
Gilda, il cui significato del nome fu destino per la sua vita: Sacrificio.
Un sacrificio frutto del coraggio di rimanere in vita.

La storia di Soledad può invece essere vista in contrapposizione con tale visione.
Soledad a ben guardarla non dimostrava per nulla i suoi anni. La si poteva collocare in un’età compresa tra i venticinque ed i trent’anni. In verità ne aveva quasi quaranta.
Anche Soledad non aveva avuto un’infanzia felice. Era stata abbandonata piccina di soli tre anni e data poi in affido. Sbattuta da una famiglia all’altra. Sempre con mille problemi e difficoltà.
Tutto si poteva dire di Soledad, ma non che fosse un tipo esuberante e gioioso, pronto a cogliere ogni aspetto positivo possibile che la vita potesse avere in serbo per lei. Aveva sempre comunicato spensieratezza ed allegria in qualunque contesto fosse stata inserita.
Quanto amava la vita Soledad. La amava come fosse stato un dono raro prezioso.
Soledad verso i quindici anni era stata ospite di un convento di suore dedite all’assistenza ed alla cura degli indigenti. Non era un ambiente propriamente sereno e spensierato. Era invece carico di sensi di colpa e senso del dovere, a cui era obbligo votarsi incondizionatamente. La madre superiore aveva fatto di tutto per convincerla ad entrare a far parte della comunità. Lei però era sempre stata insofferente verso obblighi, autorità e costrizioni. Amava davvero molto il mondo ed aiutare gli altri, ma aveva anche bisogno dei suoi spazi e tempo da dedicare tutto a sé stessa.
Soledad era riuscita a resistere in quell’ambiente giusto sino al compimento della sua maggiore età. Poi presa da un raptus errabondo, si era imbarcata su una nave da crociera come inserviente in cucina. Da una nave all’altra aveva trascorso i successivi dieci anni della sua vita come cittadina del mondo, aveva visitato molti paesi e visto molte città che avevano impreziosito ancor di più il suo spirito.
Soledad aveva quindi deciso di riprendere una vita decisamente più sedentaria. Si era licenziata all’ultimo approdo durante una crociera ed in quella città aveva deciso di stabilirsi per i prossimi anni a venire.
Come la vita sa sorridere a chi già sorride, trascorse gli anni seguenti in maniera molto leggera godendo dei momenti belli che il destino aveva preparato sul suo cammino, questo sino al suo incontro con una persona che avrebbe modificato il corso della sua esistenza.
Si narra che il fato sia tessuto in modi misteriosi ed incomprensibili. In verità come riporta pure la mitologia greca l’intricato motivo della tela della vita e ben chiaro alle tre Moire: Cloto, Làchesi e Atropo. E l’ultima delle tre sorelle, la più vecchia, era già pronta a tagliare il filo di Soledad con lucide cesoie. La sua vita era stata intessuta soprattutto con fili d’oro che rispecchiavano il suo animo e questo nonostante le sue misere condizioni d’origine. Ma lo stame nero che costituiva quell’ultimo filo era già pronto per essere reciso.
E d’intrecci proprio è costellata la nostra esistenza.
Elpide, nipote di Gilda era con gli anni divenuta una bimba tanto esuberante che era davvero impossibile riuscire a contenerla. Amatissima dalla nonna che le aveva fatto da madre e da padre senza mai farle mancare nulla. Ma data la non più verde età tendeva a stancarsi presto ed ad aver bisogno ogni tanto di una sosta da quella creatura così vivace.
Elpide era quasi in età scolare ed ogni mattina poco prima di pranzo se il tempo era buono come quel giorno, veniva accompagnata dalla sua nonna nel piccolo parco cittadino poco distante da casa loro. Non erano posizionati al suo interno molti giochi, ma in mezzo a quegli alberi rigogliosi anche solo un dondolo, un’altalena ed uno scivolo potevano costituire per una piccola bimba tesori a cui era impossibile rinunciare.
E Gilda ben ne era consapevole e mai per nulla al mondo avrebbe permesso a quel frutto ancora piccolo ed acerbo di perdere anche solo un giorno di giochi e divertimento.
I piccoli compagni di gioco di Elpide erano già quasi tutti presenti nei giardini, si potevano sentire le loro striduli vocette al di là della strada, dietro ai cancelli aperti dei giardini.
Quel giorno Soledad prestava servizio presso la Croce Rossa del quartiere come volontaria. Ancora condizionata dal retaggio lasciatole dai tempi in cui aveva vissuto in convento, cercava di dedicare una piccola parte del suo tempo al servizio degli altri. Era in pausa insieme ai suoi colleghi e tornavano dalla piccola caffetteria dove si erano recati poco prima.

Soledad incrociò il suo cammino con quello di Gilda e della sua nipotina Elpide.
Ma non prestò attenzione a loro, proprio non le conosceva, e poi era troppo presa dalle parole scambiate con uno dei suoi compagni in particolare, un giovane verso cui nutriva una qualche tipo d’interesse affettivo.
In quel momento la piccola Elpide, presa dalla frenesia di raggiungere i suoi amichetti al parco al di là della strada, strappò la sua manina da quella della nonna e senza badare al traffico si gettò in mezzo alla strada.
I fatti si svolsero con una velocità che non lasciò spazio a riflessioni di sorta. Una macchina sopraggiunse, proprio mentre la piccola era al centro della strada, troppo in velocità per una qualsiasi possibilità di manovra d’arresto.
Soledad non esitò un solo istante, proprio mentre tutti erano paralizzati come statue di marmo, corse verso Elpide e con tutta la sua forza la scagliò per terra dall’altra parte della strada.
Soledad era assolutamente consapevole di quello che stava accadendo, nonostante la rapidità con la quale si svolsero gli avvenimenti, con discernimento e consapevolezza affrontò le conseguenze di quel suo gesto.
Soledad fu travolta in pieno dall’autoveicolo e senza possibilità di poterla scampare perse la sua vita.
A lei fu concesso sicuramente il coraggio di perdere la propria vita.
Gilda piangendo ed abbracciando la nipotina fu davvero scossa dall’accaduto.
E pensando ai trascorsi della sua vita inevitabilmente sorse nella sua mente una domanda.

A chi appartiene quindi il coraggio?

A colui che con coraggio vive la propria esistenza quando oramai ha già perso tutto come era accaduto a lei oppure a chi al culmine della propria con coraggio affronta la propria morte?

Lunedì, 31 Maggio, 2021

Rosaspinamilla e la Neve.

Un Mondo Magico di mille Creature,

di Gatti di paesaggi sconfinati e meravigliosi.

Sulla Piattaforma Amazon!

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Vi sono Mondi che trascendono il nostro. Spesso imperscrutabili.
Dimensioni in cui il pensiero può dirigersi e godere di posti e paesaggi senza eguali.
Nel fantastico Mondo della nostra mente.
Mondi che nondimeno hanno una propria esistenza e certa realtà.
Non esiste un un’unica dimensione del pensiero,
ma una moltitudine di pensieri differenti e con pari dignità.
Di ciò questo libro tratta.
Della libertà della condizione della nostra mente.

…vi è in special misura, una specie che più delle altre gode
della facoltà, essendo a noi superiore in un modo che non
potrei meglio definire, di potersi muovere tra tali Mondi.
Senza sforzo e con agilità passare e vivere a volte
contemporaneamente in due Mondi diversi.

Gatti. Sono i gatti.

Per molti ciò non è sorprendente, anzi forse aspettato.
Da sempre hanno accompagnato e pervaso la nostra cultura.
Ciò che da i più accorti ed eruditi è pensato, consiste nella
constatazione che probabilmente la nostra presenza ha
accompagnato nella storia, la storia felina.


Mentre se ne andava, Rosaspinamilla, sentì come un brivido
correrle lungo la schiena. Avvertiva come una presenza
negativa intorno. Non se ne seppe dare ragione, ma fu come
se una corrente gelida la colpisse alle spalle. D’improvviso.
La cupezza prese il sopravvento, cancellando in un solo attimo,
quei giorni rilassati e piacevoli. Un triste presentimento le
attraversò la mente. Tentò inutilmente di cacciarlo, ma poi
le si ripresentò subito.
Non disse nulla, non voleva fare preoccupare inutilmente,
pensò, i propri compagni.

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Introduzione.

.

Lenta la via del tramonto.
La notte avanza improvvisa.
Forse non vista?
Lascia comunque spazio al sonno.
E poi, d’improvviso, il mattino.

.
.
.

Ora vi dirò dei Molti Mondi e dei Mondi di Mezzo.

Cosa è il Mondo? Il nostro Mondo, quello in cui abitiamo, che chiamiamo Terra.
Terra, come quella bruna, scura, da cui nascono una moltitudine sterminata di piante, fiori, alberi. Ovunque possa rimirare l’orizzonte un’altra moltitudine, altrettanto sterminata, di profumi, animali, insetti, volatili, pesci.
Una danza variegata di luci, ombre e colori.

E la musica? La musica del Mondo. Così affranta, soffice, fragrante, che permea ogni essere vivente animato e no.

Sempre più prendo coscienza della limitatezza di ciò che udiamo, ascoltiamo, vediamo, osserviamo, palpiamo, odoriamo ed assaggiamo.
Che vibrante percorre i nostri sensi.
Che fa tremolare la pelle.
Palpitante, palpitare il cuore.
E ciechi e sordi non percepiamo la vita di tutto ciò che è vivo eppur non si muove.
Ciechi non riusciamo a vedere le vibranti onde che attraversano ogni cosa che ci circonda.
Come sordi vaghiamo senza percepire il movimento delle cose.
Delle foglie, del vento, del cielo, dell’acqua e di ogni singolo minuscolo frammento di roccia o pietra.
Come impauriti viandanti abbiamo nascosto la natura di ogni cosa.
Categorizziamo ogni cosa.
Definiamo con precisione ogni pensiero ed ogni azione.
Tutto ciò che è presente nel creato, deve osservare precise leggi, regole, deve incasellarsi con ragione e raziocinio in ciò che noi abbiamo definito e deciso, nulla si deve sottrarre a queste leggi.
Tutto ciò che paventa essere diverso, nuovo, non spiegabile, deve e deve essere negato, recluso, umiliato ed abnegato.
Ci vantiamo persino di affermare che tutto debba essere compresso in ciò che sono i nostri dettami.
Ci arroghiamo il diritto di piegare, se non spesso spezzare, tutta quanta la Natura al nostro volere.
E quindi, senza giustificazione alcuna, oltre che la nostra, bruciamo, storpiamo ed uccidiamo.
Ogni cosa è schiava della Ragione e della Scienza.
E con questo corrompiamo Ragione e Scienza.

E la Magia? Dov’è la Magia di ogni cosa, essere, pensiero, azione?
Semplicemente non esiste ed è colpevolmente relegata all’oblio.

Ma non voglio parlarvi di questo. Oh no.
Io vi parlerò di altro.
Di pensieri diversi, mistici e magici.
Ove ogni cosa è al posto che desidera.
Ove è l’Universo stesso a collocare ciò che è posto.
Non il Pensiero dell’Uomo.
E quindi in un Universo dove tutte le cose sono dove esse hanno stabilito di essere, esse si possono esplicare ed affermare.

Noi, qui, in questo preciso istante, vediamo solo il nostro, piccolo, limitato mondo che i nostri sensi e la nostra mente possono percepire.
E qui, proprio in questo preciso istante, esistono e coesistono, centinaia, milioni, miliardi di infiniti mondi.
Proprio mentre discorriamo essi danzano, si evolvono, si compenetrano, interagiscono, s’influenzano e si esplicano.
Ogni Mondo coesiste insieme a tutti gli infiniti altri, ma noi, limitati come siamo, ne cogliamo a stento il nostro.
I Molti Mondi sono tutti presenti insieme, ma tra un Mondo e l’altro esistono altre Terre, le Terre di Mezzo.
Come dicevo ogni Terra di Mezzo compenetra altri Mondi, che mutuamente influenza e modifica di conseguenza. Ogni azione compiuta in questo può avere conseguenze ed azioni in ogni Terra di Mezzo e viceversa.
Esistono innumerevoli punti di contatto tra tutte queste terre, ed è possibile anche vivere in più mondi contemporaneamente.
Oppure passare tra gli uni e gli altri.
Per fare tutte queste cose esistono mezzi od altri mezzi a seconda delle circostanze e delle caratteristiche dei Mondi stessi.
La cosa è così variegata che non esistono precise circostanze, anche se quasi sempre così accade.
Può persino succedere che del tutto casualmente ci si possa muovere da una Terra ad un’altra d’improvviso. Quando questo accade, la nostra mente lo può rifiutare, negare o spiegare.
Son poche invero le persone in grado di saper cogliere ed accettare la cosa.

Diversamente accade nel mondo animale.
Vi è in special misura, una specie che più delle altre gode della facoltà, essendo a noi superiore in un modo che non potrei meglio definire, di potersi muovere tra tali Mondi.
Senza sforzo e con agilità passare e vivere a volte contemporaneamente in due Mondi diversi.

Gatti. Sono i gatti.

Per molti ciò non è sorprendente, anzi forse aspettato.
I gatti da sempre hanno accompagnato e pervaso la nostra cultura.
Ciò che da i più accorti ed eruditi è pensato, consiste nella constatazione che probabilmente la nostra presenza ha accompagnato nella storia, la storia felina.
Non è ben chiaro se non siano stati gli stessi gatti a permettere, a noi spettatori, di essere presenti nel loro cammino.
Quel che è certo, è che essi siano stati sempre presenti nel mio di cammino.
Sin da bambino, sin da quando ho un ricordo, almeno un gatto mi ha sempre accompagnato.

Da quando invece ho coscienza dei Mondi, delle Terre e degli Universi?
Beh, questa è stata una scoperta di solo qualche tempo fa.
O meglio in realtà non è così.
Ho infatti scoperto recentemente che già in giovane età avevo saputo della cosa.
Ma accadde un fatto grave, a me ora sconosciuto e dimenticato che mi impedì per diverso tempo di non ricordare più nulla.
Sino ad una ventina di anni fa, avevo il sentore, la sensazione, di conoscere come stavano effettivamente le cose, ma non riuscivo più a ricordare.

Poi entrò nella mia vita una gatta.
Una gatta particolare, speciale ed unica direi.
Macchia, detta la Topa.
Fu un’esperienza sconvolgente, impensabile ed inaspettata, che mi scaraventò all’improvviso in un mondo del tutto nuovo, strabiliante e magico.
Da allora non ho più avuto una vita, direi, normale.
Questo incontro ha cambiato il modo in cui vedo le cose. Ed intendo precisamente ogni cosa.
Ogni oggetto, ogni esperienza, persino le cose più piccole o più grandi.
Tutto è stato illuminato in un modo nuovo, palpitante e vivo.
Sì direi proprio vivo.
Perché ora, qualsiasi cosa mi sembra come dotata di spirito di vita.

E son convinto che, alla fine del viaggio, anche voi avrete la stessa mia convinzione.

Per la precisione questa rivelazione non ha cambiato solo me.
È stata sconvolgente anche per la persona con la quale condivido la vita. Ermy.
Questa nuova conoscenza ha cambiato radicalmente le nostre esistenze e ci ha proiettato in territori inesplorati.
L’incontro con Macchia, la Topa, mi ha toccato profondamente e mi ha aperto la conoscenza e la mente.

Di questi eventi, però, vi parlerò un’altra volta.
Ora vorrei raccontarvi di una storia, vissuta con un’altra gatta. Rosaspinamilla.
Un’altra micia speciale.
Vorrei raccontarvi di lei, della sua vita, di alcune delle sue avventure.
Di lei si, ma anche di noi, del nostro Mondo, di un altro Mondo e delle cose successe.

Ma prima devo fare alcune premesse.

Avete mai osservato quanto può dormire un gatto?
Incredibilmente anche più di diciotto ore in una giornata.
Si può dire, senza timore di smentita, che siano campioni di sonno.
Sempre alla ricerca di un posto morbido e caldo in cui acciambellarsi e ronfare, che sia una sedia, un divano, un letto, od ancora, preferibilmente, una bella minuscola e scomoda scatola di cartone, nella quale chiunque direbbe impossibile riuscire ad entrare, ed invece come per magia infilarsi e dormire.
Vi sono giornate, quelle soprattutto scure e piovose, ma anche a dire il vero quelle calde ed estive, in cui il sonno è solo interrotto per mangiare, giocare, pretendere qualche coccola e carezza, espletare qualche necessario bisogno fisiologico, passare ragguardevoli momenti alla propria pulizia e poi filati di nuovo a dormire.
Un’esistenza, chiunque osserverebbe, declinata alla pigrizia ed all’ignavia.
Chiunque, però, non a conoscenza della reale natura delle cose e in cosa consista veramente la vita di un gatto.
Si veda che in verità il gatto è caratterizzato da una dote peculiare.
L’immanenza della presenza.
Tale peculiarità gli permette di coesistere contemporaneamente in due mondi differenti.

Uno il nostro Mondo, la Terra, l’altro una terra dei Mondi di Mezzo, Albatros, il Regno, denominato anche il Mondo Perduto dei Ragni.
Tale denominazione deriva da un evento accaduto eoni fa.
Si narra che miliardi di anni or sono, fosse un Mondo dominato da centinaia di specie di ragni differenti, tutte specie caratterizzate da acuta intelligenza e da molte abilità.
Era un mondo bellissimo, ricco di fauna e di flora straripante.
Tutte le varie specie di Ragni erano abili coltivatori della terra ed esperti giardinieri.
Più che ad un mondo era simile ad un enorme giardino, la cui superficie era molto più estesa di quella della nostra Terra, avendo un diametro di circa due volte e mezzo il nostro.
Caratterizzato da un unico enorme continente immerso in un oceano vastissimo.
Tutta l’acqua del pianeta rifletteva una soffice luce verde, e tutto il pianeta sembrava immerso in una soffusa aurea verde chiaro.
Era infatti conosciuto come il Mondo Verde.
Il sistema era dotato di quattro lune, di cui tre grandi approssimativamente come la nostra, ed una più piccola e più vicina al pianeta.
Erano chiamate come i quattro numi protettori di tutte le specie dei Ragni. Arama, Lux, Sublux e la loro piccola Anumas.
Erano anch’esse ricolme di vita, anche se popolate da specie diverse, ad eccezione di Anumas, la cui atmosfera era stata spazzata via dalla troppa vicinanza al pianeta, che come una matrigna le aveva portato via l’atmosfera e l’acqua, e di conseguenza la vita, con la sua forza gravitazionale.
Come presagio funesto di ciò che essa stessa avrebbe fatto poi alla sua matrigna.
Difatti viene ancora narrato, che un folle abitante di Lux, nominato nelle cronache come Furmus, fosse stato esiliato su Anumas dal Popolo dei Ragni, e animato da forte risentimento verso quel Mondo, si erse a dio vendicativo e usando una perduta tecnologia, fece precipitare il nume inferiore sul pianeta matrigno.

I Ragni essendosi resi conto per tempo, anche se tardi ormai per qualsiasi contromisura, dell’infausto destino, ebbero appena il tempo per fuggire e sparpagliarsi nei vari Molti Mondi. Non tutti però, riuscirono o vollero abbandonare il pianeta natio. Quei pochi che sopravvissero furono sprofondati ed imprigionati nelle viscere del pianeta dagli sconvolgimenti che seguirono la catastrofe.
Moltissimi dei fuggitivi, invece, riuscirono a giungere attraverso un portale, nel nostro Mondo e qui soggiornare.
Essi, a differenza dei gatti non possedevano l’immanenza della presenza e quindi per viaggiare, necessitavano dell’utilizzo dei portali per potersi muovere tra i vari Molti Mondi.
Condizione che si presenta sempre, però, durante il passaggio da un mondo ad un altro, è il verificarsi della trasmutazione.
Si è soggetti cioè ad un cambiamento radicale che può coinvolgere sia la mente che il corpo per assoggettarsi alle nuove condizioni fisiche del nuovo Mondo.
In tale passaggio essi persero quasi tutte le loro facoltà intellettive superiori, divennero predatori e carnivori.
Nel nostro mondo, anche se spesso scambiati per insetti, non appartengono a nessuna classe sistematica anche se hanno molte affinità con gli artropodi nei quali sono classificati.
Anche se per lo più hanno conservato alcune caratteristiche anatomiche, nel viaggio persero le loro peculiarità migliori.
Abbandonato, il loro Mondo, andò incontro ad uno scontro terribile, anche se mitigato in parte dalla relativa vicinanza, con il satellite ora precipitato.
Lo stupendo Mondo Giardino, vide spezzare in cinque parti il grande continente, eruttare vulcani e verificarsi dilanianti terremoti.
Dopo milioni di anni tornò a poco a poco la pace, ed il colore verde riprese a prevalere ovunque.
Nacquero nuove specie di piante ed animali ed il pianeta si ripopolò di vita.
La luna Anumas penetrò in profondità nel pianeta, dando origine ad un enorme continente le cui vette, di cui il Monte Ergos è la cima più imponente, si ergono persino oltre l’atmosfera del pianeta come un lungo pugnale infilzato nelle costole di un gigante.
Di Furmus, il folle, non si ebbe più traccia, anche se si narra ancora, sia imprigionato nel cuore stesso del pianeta, senza poter mai abbandonarlo.
I gatti come detto sono caratterizzati dal godere dell’immanenza della presenza.
Questa loro particolare caratteristica, di poter contemporaneamente essere sia qui che altrove, comporta la necessità di mantenere una certa, diciamo, coesione di presenza.
Mi spiego meglio.
Avere consapevolezza della propria coscienza in due realtà distinte non è cosa da poco e nemmeno è alla portata di tutte le creature.
I gatti, sì è vero, sono esseri dotati e dai mezzi superiori alla maggior parte degli esseri animati, ma questa qualità non è la loro.
Per essere perfettamente presenti in una delle due realtà, necessitano di esserlo meno nell’altra.
E ciò avviene dormendo.
Tutto questo deve accadere con un sincronismo perfetto, direi magico.
Mai è accaduto che un gatto svegliato in modo brusco in questo Mondo, abbia causato problemi alla sua presenza nell’altro.
Se ciò fosse mai avvenuto, nell’altra realtà, di sicuro si sarebbe verificato un fatto che avrebbe giustificato il suo addormentarsi. E così pure al contrario.

Anche la misura del tempo avviene in modo differente nei due mondi.
Innanzitutto la giornata ha una durata di circa trentatré ore.
Su Albatros i nostri gatti sono denominati come la specie dei Felidi, che è quella, tra tutte le creature del Mondo di Mezzo, che più di tutte necessita di tempo per dormire.
Su un’intera giornata, almeno otto devono essere dedicate al sonno.

I due soli che illuminano i cieli del Mondo di Mezzo, sono chiamati i Due Fratelli, Alemanus ed Oliente. Insieme alle tre sorelle, le Lune, Arama, Lux, Sublux, si spartiscono la volta celeste.
Il giorno illuminato ha una durata sempre variabile, a causa della danza dei Soli uno intorno all’altro, ma non supera mai le diciannove ore. Il resto del tempo è lasciato alla notte.
Su questo Mondo, tutte le creature, ad eccezione dei Felidi, sono proiettate nelle braccia del sonno per al massimo tre, quattro ore per notte.

Una delle peculiarità, che può apparire parecchio curiosa, di molte delle creature che popolano questo Mondo di Mezzo, è il possedere ben due spiriti distinti che compongono il loro animo.
L’uno diurno e l’altro notturno.
Questa bizzarra caratteristica fa in modo che quasi coesistano nella stessa anima due personalità, a volte anche distinte. Di norma però, esse differiscono in maniera così sottile che è difficile distinguere l’alternarsi di una rispetto all’altra.
Ciò comporta il verificarsi anche di lievi cambiamenti quando è presente questa o quella.
Nei gatti questo non avviene, a questo è dovuto il motivo della loro necessità di maggiore sonno. E della ragione per cui sono simultaneamente presenti nei due Mondi.

Inoltre non solo la durata del giorno è maggiore su Albatros, ma lo stesso tempo può subire contrazioni od improvvise accelerazioni sia qui che lì.
Per cui a volte può accadere che mentre qui sono passate poche ore là ne siano passate decine o forse più, o viceversa.
Persino un solo secondo qui, può corrispondere addirittura a giorni di là, come in effetti è e spesso si verifica.
Però, il tutto è perfettamente coerente ed armonioso come in una sinfonia perfetta.
Nulla è slegato, tutto è collegato da invisibili fili.

Può anche persino accadere che quando qui essi muoiano, continuino a condurre una lunga vita dall’altra parte, avendo qui assolto al loro destino.
E così, se altrove muoiano, conducano qui la loro restante vita.

Perciò quando i nostri mici dormono, sappiate, che essi stanno conducendo altrove una vita intensa, piena di avventure e sogni.

I sogni appunto.
Di essi ora ho da parlare.

In verità anche a noi esseri umani è stata concessa qualche dote.
Misera cosa certamente, rispetto a ciò che è stato dato al popolo dei gatti, sicuramente più evoluti, ma pur sempre di una qualche nota.
Noi sogniamo. Facciamo, durante il sonno, sogni stupendi, terribili, angoscianti, tenebrosi, bellissimi, grandiosi.
Sono sicuro che ognuno di noi si sia chiesto, sin dalla notte dei tempi, cosa essi siano, cosa rappresentino.
Ebbene i sogni non sono altro che la nostra percezione dei Molti Mondi e dei Mondi di Mezzo.
Mentre i gatti possono esistere in due mondi contemporaneamente, noi possiamo viaggiare in una moltitudine di universi coesistenti, essere, ed avere coscienza in ciascuno di essi.
Ci sono infiniti noi stessi che vivono, crescono e pensano in un numero infinito di Mondi.
Nel sonno non facciamo altro che prendere coscienza di quei Mondi, essere presenti ed agire durante il sonno in ognuno di essi.
Di questo ho certezza.
Ho fatto sogni, a volte di una vita intera, in cui ho vissuto, pensato, navigato, corso, lavorato. In essi sono esistito.
Ho visto albe abbacinanti, paesaggi in cui mi sono perso.
Ho scalato montagne di cui non vedevo la sommità.
Ho navigato per mari la cui estensione e profondità non era possibile determinare.
Ho parlato, ho conosciuto nuovi amici.
Ho lavorato e vissuto ogni momento con la stessa identica presenza con la quale ora scrivo queste cose.
Mondi di una lucidità, di un’estensione di colori mai vista.
Cieli così tersi e luminosi di cui non ho capacità di descrizione.
E le persone. Le persone che ho amato, che ho perdonato, che ho ammirato e che, con trafiggente dolore, ho abbandonato.
Ho camminato e corso per sentieri immersi in colline e prati, sempre vivendo ogni singolo momento sempre conscio di me stesso e di ciò che stavo facendo.
È vero, solo di alcuni ho un vivido ricordo al risveglio che tende a svanire con il procedere del giorno.
Ma di alcuni, oh, di alcuni mi è impossibile dimenticare e condannarli all’oblio della mente e della ragionevolezza.
Di essi ho memoria, una memoria che mi accompagna in ogni singolo instante che vivo qui con voi.
E pure, ogni tanto essi tornano a farmi visita, come vecchi graditi amici. E mi riportano là dove ho vissuto.
I sogni sono reminiscenze degli Altri Mondi.
Di Altri Mondi veri e reali come il nostro.
Il nostro, di cui esso stesso è memoria degli altri me, negli Altri Mondi.
Credete davvero nei Sogni e diffidate di chi vuole relegarli a mere creazioni della nostra mente per comprendere ed assimilare il vissuto.
No, essi sono.
E di tutto ciò ho avuto contezza. Ho potuto constatare personalmente la loro esistenza. E là ho vissuto a volte.
Ed anche di questo, un giorno, vi narrerò.

Chiunque abbia avuto la fortuna di vivere insieme ad un micio, sa anche di come il loro comportamento nei nostri confronti e nei confronti delle cose, possa repentinamente cambiare.
È come se, occasionalmente, siano soggetti ad una modifica comportamentale così improvvisa da lasciare spiazzati.
Nel corso della mia vita ho conosciuto decine e decine di gatti con i quali ho convissuto, ed ogni volta che tale evento si è verificato ne sono sempre rimasto colpito.
Voglio solo accennare velocemente ad alcuni episodi verificatisi nel corso degli anni con alcuni di loro.
Se non avessi avuto coscienza del motivo per cui tutto ciò accade non avrei mai potuto effettivamente trovarne una spiegazione.

Accennerò ancora a Macchia, la Topa, la micia speciale entrata nella mia vita vent’anni fa esatti.
All’epoca vivevo a Genova, in una piccola abitazione di proprietà prima dei genitori di Ermy e poi di lui stesso.
Venimmo a conoscenza, allora, del fatto che una vecchia signora, la quale viveva con il marito in una villetta fatiscente nel Basso Piemonte, ad Ovada, insieme ad una moltitudine imprecisata di gatti, avrebbe dovuto privarsi della presenza di qualche suo ospite, essendo troppo cresciuta la colonia felina nella sua casa.
Era un’anziana gattara, di nome Gigliola, molto sovrappeso, malata, claudicante, che non riusciva più a prendersi cura dei numerosi gatti. Aiutata dal marito, anch’esso disabile, a stento riuscivano a sopravvivere con le loro povere pensioni. Necessarie al sostentamento loro ed a quello dei mici presenti.
Avevano sempre provveduto alle necessità dei loro ospiti, alle dovute cure veterinarie, trascurando persino le proprie terapie mediche pur di provvedere ad essi.
Soltanto che erano arrivati ad un punto tale da non riuscire più a soddisfare né i loro bisogni né quelli dei mici. Da qui l’obbligo inevitabile di rinunciare ad alcuni.
Saputa la cosa, una Domenica ci recammo presso la loro abitazione, con l’intento di prendere con noi uno di questi animaletti.
Arrivati sul luogo il marito ci portò su in casa dove viveva con la propria compagna.
Un intenso odore di urina, mista a disinfettante e candeggina ci assalì.
Fu immediatamente chiaro di come non riuscissero più a controllare e gestire un tale numero di gatti nel posto in cui vivevano.
Vedemmo venirci incontro un donnone di media statura, chiaramente su di peso, con gambe e caviglie molto gonfie ed un incedere insicuro e traballante.
Ella ci raccontò della loro stentata vita, dei problemi medici che l’affliggevano e dell’enorme fatica che compivano ogni giorno nel solo sopravvivere.
Con fare insicuro e con le lacrime che quasi lambivano le guance, si recò nella camera da letto nella quale viveva già da un anno un micio, quasi recluso ed isolato dal resto della comunità a causa prima dei suoi problemi di salute e poi per il rapporto estremamente conflittuale che gli altri gatti avevano con lui.
Ci fu consegnato all’interno di un trasportino di vimini, completamente chiuso.
La Gigliola ci diede precise indicazioni riguardanti il misterioso gatto che ci veniva sporto.
Disse che l’anno prima, a poco più di un anno di vita, una micia, fu investita da una macchina che le provocò una frattura al bacino costringendola all’immobilità per più di un mese.
Fu di conseguenza isolata dal resto della comunità in una camera separata.
Dopo diversi mesi di solitudine, nei quali lentamente si riprese, fu tolta da questa prigionia e rimessa a contatto con gli altri felini.
A causa ancora delle sue deboli condizioni però fu oggetto di continue aggressioni e rifiuti che la costringevano a nascondersi ed a rimanere isolata.
Temendo che ciò potesse pregiudicare la sua convalescenza, fu isolata e rinchiusa nuovamente nella camera da letto.
E lì era rimasta sino al nostro arrivo.
Il suo nome, ci disse, era Macchia.

Macchia
Molto timorosi e preoccupati ci accingemmo al ritorno a casa.
Giunti nella nostra abitazione, con estrema circospezione, aprimmo il trasportino sino a scorgere un batuffolo nero, macchiato di bianco, con due grossi occhi gialli e spiritati.
Non appena lo sportelletto fu aperto, fulmineamente fuggì fuori, alla ricerca di un rifugio in cui rintanarsi.
Prima di corsa sotto al letto, poi sotto all’armadio di fronte, e poi dopo che ci fummo sufficientemente allontanati, di corsa verso la cucina e poi il bagno.
Una volta lì si nascose sotto alla vasca da bagno, un’enorme tazza in ghisa che avevamo restaurato, dotata di graziose e decorate gambe.
Decidemmo allora di lasciarla stare da sola, convinti che nei giorni successivi, un po’ per curiosità, un po’ per necessità, sarebbe uscita e pian piano a noi abituata.
In bagno posizionammo la sua cassetta per i bisogni, la ciotolina dell’acqua e del cibo.
Passò un giorno. Ne passarono due. Passarono tre giorni. Una settimana.
Il cibo veniva regolarmente consumato e i bisogni fatti.
Passarono due settimane. E poi tre.
Ogni tanto mi piegavo sino al pavimento e li mi sdraiavo per scrutare al di sotto della vasca da bagno.
Lì sotto vedevo due occhi grandi come fari. Timorosi e spaventati.
Un corpicino nero, appallottolato e rannicchiato. Quasi tremante.
Passò un mese. E poi ancora un mese.
Senza alcun segno di avvicinamento. Solo paura.
A due mesi esatti persi la pazienza. Temendo soprattutto per la sua condizione fisica e mentale.
Con fare deciso e risoluto mi recai in bagno, allungai disteso un braccio sotto la vasca e presi senza indugio il suo piccolo corpicino tra le mie mani.
Mi diressi verso il cucinino, assolutamente determinato a non lasciarla andare via.
Mi sedetti con lei tra le braccia e rimasi così stringendola a me senza possibilità di fuga alcuna per più di una mezz’ora.
Piano piano, la paura ed il tremore cedettero spazio prima alla rassegnazione e poi lentamente alla stanchezza. Sino a lasciarsi andare rassegnata ad un profondo sonno.
Dopo molto allentai la presa e la posi sul letto, e lì rimase a guardarmi mentre mi allontanavo a sbrigare le mie faccende.
Non scappò più alla mia presenza od a quella di Ermy.
Cominciò a seguirmi ovunque come un’ombra. Ovunque mi girassi od andassi me la trovavo costantemente tra i piedi.
Non mi lasciò più. Anche la notte quando andavo a dormire, correva su in cima al cuscino, aspettava mi coricassi per poggiare il suo musetto macchiato di bianco sul lato sinistro su uno sfondo nero, sul mio viso. Come per abbracciarmi, ed insieme a me dormiva, il suo respiro sul mio respiro.
Non potrò mai dimenticarla. E nemmeno dimenticare questo suo cambiamento improvviso e repentino. Avvenuto così, magicamente. In modo ovvio e scontato.
Questo è stato il cambiamento, avvenuto nel carattere e nel modo di essere di un gatto, che ricorderò più di tutti. Quello che più mi ha toccato e coinvolto.
Ma è stato solo uno dei tanti avvenuti nella mia lunga esperienza avuta con essi.
Cambiamenti inaspettati, spessissimo inspiegabili.
Ma in vero, poi compresi.
Avvenuti sempre a seguito di ciò che essi ebbero a vivere nell’Altro Mondo, Albatros.
Così ebbi modo di constatare personalmente, nei miei numerosi viaggi con loro.
Esperienze su esperienze.
Vissute in un Mondo o nell’Altro.
Che in un Mondo o nell’Altro condizionavano ciò che accadeva nell’Altro od in questo Mondo.
Che mutuamente mutavano e si influenzavano in una orchestrata danza di reciproci condizionamenti.

Ogni cosa tra i Molti Mondi avviene in maniera armoniosa, quasi musicale.
Come ho già detto è come se tutti i Mondi insieme vibrassero alla stessa frequenza o suoi multipli o divisori.
Non è un caso che parli di melodie musicali.
Ma perché proprio la Musica?
Perché negli universi tutto è vibrazione, si ritiene oramai che essa caratterizzi ogni cosa.
Dalle cose più piccole, indefinitamente piccole come le particelle atomiche e subatomiche, alle cose più grandi come le galassie, gli ammassi e gli universi stessi.
Quindi tutto è suono e musica.
E la musica che noi esseri umani creiamo e riproduciamo, ha effetti sensibili su tutto il nostro pianeta.
Esiste una particolare frequenza, nel nostro Mondo che lo caratterizza e lo definisce.
Viene chiamata Frequenza Fondamentale delle Risonanze di Schumann.
Come ben si sa, il nostro pianeta è dotato di un sistema molto complesso di Campo Elettromagnetico.
Una sua parte è costituita da un insieme di frequenze estremamente basse, appunto le cosiddette Risonanze di Schumann, generate dall’interazione dei fulmini con la ionosfera terrestre.
Ebbene una di queste frequenze si distingue per maggior intensità dalle altre.
Essa ha una frequenza approssimativa di 7,83Hz.
Questa frequenza e la stessa che definisce il margine superiore delle Onde Theta evidenziate in un tracciato elettroencefalografico della fase REM del sonno.
La fase REM del sonno è quella che caratterizza la presenza dei sogni mentre dormiamo.
Prima di passare nella fase di veglia, al nostro risveglio, rimaniamo sempre un poco nel limbo, tra Mondi diversi, quelli dei nostri sogni e quello del nostro Mondo.
È il momento in cui in noi è ancora presente il ricordo dei sogni che poco a poco svaniscono dalla nostra memoria, lasciando spazio alla realtà quotidiana.
Questa è la frequenza di coesione che mantiene uniti tutti i Molti Mondi e tutti i Mondi di Mezzo.
Attraverso questo meraviglioso meccanismo celeste noi umani viaggiamo tra le nostre infinite coscienze in tutti gli infiniti universi mentre dormiamo.
Attraverso esso i Gatti si spostano tra il nostro Mondo ed il Regno di Albatros.

Ed ora arriviamo al narrare della storia.

La storia di Rosaspinamilla.

Rosaspinamilla