Reincarnazione e Sciamanesimo.
Ho avuto recentemente più di una discussione costruttiva circa la visione della vita che coinvolge l’esistenza su questo pianeta.
Nel mondo vi sono tantissime visioni, differenti o coincidenti in molti aspetti.
Spesso incredibilmente in posti del mondo lontanissimi tra loro sia sotto il profilo della distanza geografica che quella temporale vi sono state visioni che sembrano identiche.
Non ho idea se vi siano stati periodi che hanno accomunato tutte queste culture.
Secondo la concezione attualmente imperante molte di queste tradizioni non sono mai venute in contatto l’una con l’altra.
Ma si sa, è capitato molto spesso negli ultimi anni che la scienza così detta ufficiale è servita solo da paravento per nascondere altre verità.
Oppure è vero ed esiste una sorta di inconscio collettivo che accomuna modelli e concezioni dell’uomo a cui la nostra mente attinge, come amava affermare Carl Gustav Jung. Una incredibile sincronicità a livello subconscio. Visione affascinante e che in molta parte ho fatto mia.
Vi è un insieme di concezioni spirituali dell’anima che hanno in comune il ciclo della rinascita. In cui la morte è semplicemente una pausa tra una reincarnazione e la successiva che avviene con modalità e finalità a volte differenti.
Guardando indietro ad osservare la molteplicità di queste visioni, di sicuro quella più diffusa e che da sempre ha attirato la curiosità della cultura occidentale, è quella costituita dall’universo induista.
Nell’Induismo, il processo di ascesa verso la perfezione e la fine del ciclo vita-morte (samsara) è un viaggio spirituale profondo che culmina con il raggiungimento del moksha, ovvero la liberazione dal ciclo delle reincarnazioni. Questo obiettivo supremo rappresenta l’unione dell’anima individuale (atman) con il divino universale (Brahman), una condizione di pace, saggezza e beatitudine eterna.
L’essere umano raggiunge il moksha attraverso un percorso, di vita in vita, che deve soddisfare alcune regole precise che a seconda della scuola filosofica induista di appartenenza sono interpretate differentemente. Ma alla base di tutte vi è il concetto di una progressiva emancipazione, vista come un percorso evolutivo che porta all’unione con Brahman, il divino. Una volta raggiunto il moksha, l’anima si libera dal ciclo di nascita e morte e si unisce al Brahman.
Mi vorrei però concentrare su un altro tipo di concezione cosmologica.
La stessa che tratto come una sorta di filo conduttore nel mio ultimo libro: “Il Mondo di Mezzo.” edizioni Etabeta 2023.
Quella di alcune tradizioni che sono accomunate dal credere che il ciclo della vita, della morte e della reincarnazione si regga invece su un grande inganno.
Alcune culture sciamaniche, infatti, hanno visioni alternative rispetto alla concezione induista della reincarnazione, spesso più ciclica e impersonale. In particolare, alcune di queste tradizioni descrivono la morte come un processo in cui gli esseri umani vengono manipolati o ingannati da entità superiori o forze cosmiche.
Vediamo alcune.
Sciamanesimo Tunguso-Manciù (Siberia)(1).
Le popolazioni tunguse, tra cui i Buriati e i Evenki , praticano forme di sciamanesimo che includono credenze complesse sulla morte e sul destino dell’anima. Secondo alcune tradizioni, al momento della morte, l’anima può essere attirata verso una “luce” o un “richiamo”, che rappresenta un inganno orchestrato da spiriti o entità superiori. Questi spiriti utilizzerebbero l’energia vitale delle anime per mantenere il ciclo cosmico.
Lo sciamano, in questo contesto, ha il ruolo di guidare l’anima defunta attraverso il mondo spirituale, proteggendola da tali inganni.
Sciamanesimo Coreano (Mudang)(2).
Nello sciamanesimo coreano, praticato dalle Mudang (sciamane), esiste la credenza che alcune anime possano essere intrappolate o ingannate dopo la morte. Gli spiriti disincarnati possono essere attratti da false luci o promesse, finendo per diventare fonti di energia per entità più potenti.
Le Mudang svolgono rituali per liberare queste anime e aiutarle a raggiungere il loro destino finale, evitando di essere catturate in cicli illusori.
Sciamanesimo Ainu (Giappone settentrionale)(3).
Gli Ainu, un popolo indigeno del Giappone settentrionale, hanno una visione animistica del mondo in cui gli spiriti giocano un ruolo centrale. Secondo alcune narrazioni, gli spiriti dei defunti possono essere ingannati da forze superiori che li attirano verso luoghi luminosi o seducenti, solo per essere riassorbiti nel ciclo naturale.
Gli sciamani Ainu, chiamati Kamui, operano per proteggere le anime dalla manipolazione e garantire loro un passaggio sicuro.
Sciamanesimo Navajo (Nativo Americano)(4).
I Navajo , un popolo nativo americano, hanno una visione spirituale complessa che include la credenza in entità malevole o ingannevoli. Secondo alcune tradizioni, al momento della morte, l’anima può essere attirata da false luci o illusioni create da spiriti oscuri, che cercano di catturare l’energia vitale dell’individuo.
Gli sciamani Navajo, noti come Hataałii, conducono rituali per purificare e proteggere l’anima, guidandola verso un destino positivo.
Sciamanesimo Sami (Lapponia)(5).
I Sami , un popolo indigeno della Lapponia (regione artica tra Norvegia, Svezia, Finlandia e Russia), praticano forme di sciamanesimo legate alla natura e agli spiriti. Nelle loro tradizioni, esistono racconti di spiriti che ingannano le anime dei defunti, attirandole verso falsi paradisi o luoghi di luce per sfruttarne l’energia.
Gli sciamani Sami, chiamati Noaidi, utilizzano tamburi rituali e viaggi astrali per proteggere le anime e guidarle verso il mondo spirituale corretto.
Sciamanesimo Andino (Perù e Bolivia)(6).
Nelle tradizioni andine, come quelle degli Quechua e degli Aymara , esiste la credenza che alcune anime possano essere ingannate da spiriti maligni o entità cosmiche dopo la morte. Questi spiriti creano illusioni per attirare le anime verso luoghi che sembrano sicuri ma che, in realtà, le intrappolano in cicli di sofferenza o servitù.
Gli sciamani andini, chiamati Paqo, lavorano per liberare queste anime e ricondurle al loro destino spirituale.
Sciamanesimo Celtico (Europa antica)(7).
Anche se meno documentato rispetto ad altre tradizioni, lo sciamanesimo celtico presenta elementi simili. Secondo alcune interpretazioni delle leggende celtiche, le anime dei defunti possono essere attirate da false luci o da creature magiche, come le fate o i sidhe, che le conducono in regni illusori.
Gli sciamani celtici, spesso associati ai druidi, avevano il compito di proteggere le anime e guidarle verso il mondo ultraterreno.
Come appare chiaramente la visione induista non è certamente l’unica a trattare del ciclo della reincarnazione delle vite.
Quello che ho potuto evincere, dopo aver conosciuto l’esistenza di queste culture differenti, è che se deve esistere un processo che ci vede rinascere in un nuovo corpo dopo la morte, questo non è per forza di cose finalizzato ad un nostro benessere evolutivo.
Partendo proprio dal presupposto che non vi possono essere certezze, ma semplicemente invece modi di vedere l’esistenza che meglio risuonano con il nostro pensiero ed il nostro modo di essere, non bisognerebbe dare tutto per scontato o già acquisito con certezza.
Se è vero che tutto potrebbe essere un grande inganno finalizzato a perseguire gli interessi di altre entità di altri piani dimensionali, probabilmente converrebbe a noi piccoli esseri umani, disporci, nei confronti del cosmo che ci circonda, in modalità differenti.
Si pensi ad un attimo ad una mandria che liberamente percorre quotidianamente i pascoli di montagna. Mandria composta mucche e giovani bovini. Una qualsiasi di quelle mucche avrebbe mai l’ardire di pensare di far parte solo di un gruppo di bestie destinate al macello? Oppure più facilmente crederebbe di condurre un’esistenza libera, pascolando liberamente tra verdi prati insieme ai suoi simili ed ai piccoli insieme a loro? Magari si accorgerebbe solo del grande inganno in prossimità del macello che li condurrà alla loro morte…
Del resto abbiamo avuto da sempre la presunzione da essere al vertice dell’evoluzione, al vertice della piramide alimentare…
Ma è proprio vero?
Si è davvero sicuri sia così?
Potremmo quindi essere considerati né più né meno che come batterie, fornitrici di energia e di cibo verso esseri altro – dimensionali. Che si nutrono di noi; la nostra stessa esistenza sarebbe semplicemente subordinata alle loro esigenze. La morte non sarebbe altro che un modo per rinnovare questa loro fonte energetica. Nel momento del nostro trapasso verremmo condotti con l’inganno verso una luce, attirati come fossimo falene, per essere imprigionati in piccole ampolle di vetro per poi essere nuovamente reintrodotti nel ciclo della vita.
Vi sarebbe poi un tipo particolare e specifico di energia atta ai bisogni di queste entità.
Si è partiti dalla considerazione che dolore e sofferenza sono diffusi nel mondo molto più del piacere, della felicità e dell’appagamento. Questo sbilanciamento innaturale, perché altrimenti questi due poli contrapposti dovrebbe trovare equa diffusione, dimostrerebbe proprio la presenza di tali entità. Che si nutrono del nostro sbilanciamento energetico. Fossimo in equilibrio non saremmo soggetti a tale forma di vampirismo.
E allora?
Dove voglio arrivare?
Non posso avere certezze. Almeno di questo sono sicuro.
Non ho idea cosa ci aspetti veramente là fuori, al termine della nostra esistenza.
Un’altra cosa so ancora però.
Sarebbe bello aver vissuto un’esistenza degna di essere vissuta. In cui essere stati felici, appagati e dove si abbia contributo in ogni modo alla stessa felicità ed allo stesso benessere per chi si ha avuto intorno. Molti direbbero di aver vissuto una vita d’amore. Per sé stessi e gli altri.
Solo una simile vita avrebbe comunque un senso.
Nell’ipotesi che non vi fosse null’altro dopo di noi, né cicli di rinascita e morte e nemmeno un’esistenza eterna, si ha idea in questo caso come sarebbe stata davvero l’unica forma di esistenza con un senso compiuto? Aver contribuito al benessere dell’universo.
Nel caso invece avesse consistenza un’esistenza dopo il nostro corpo fisico, si sarebbe in ogni modo vissuti in maniera altrettanto degna. Sia vi fosse un’unica esperienza di vita che molteplici.
Oltretutto in quella visione che ci vede succedere di vita in vita solo per essere nutrimento attraverso la nostra sofferenza e quella altrui, ci sottrarremo a tale destino succube e doloroso.
Quindi l’Amore come unica via d’uscita.
Bibliografia.
(1) - Eliade, Mircea. Sciamanismo e tecniche dell’estasi . Bollati Boringhieri, 2006.
- Hultkrantz, Åke. The Religions of the American Indians . University of California Press, 1979.
(2) - Kendall, Laurel. Shamans, Nostalgias, and the IMF: South Korean Popular Religion in Motion . University of Hawaii Press, 2009
- Lee, Jung Young. Korean Shamanistic Rituals . Mouton Publishers, 1981.
(3) - Batchelor, John. The Ainu and Their Folklore . The Religious Tract Society, 1901.
- Siddle, Richard. Race, Resistance, and the Ainu of Japan . Routledge, 1996.
(4) - Reichard, Gladys A. Navaho Religion: A Study of Symbolism . Princeton University Press, 1990.
- Wyman, Leland C. The Ghostway: A Navajo Ceremonial . Smithsonian Institution Press, 1983.
(5) - Rydving, Håkan. The End of Drum-Time: Religious Change among the Sami, 1685–1721 . Uppsala University, 1993.
- Bäckman, Louise, and Åke Hultkrantz. Studies in Lapp Shamanism . Almqvist & Wiksell, 1981.
(6) - Allen, Catherine J. The Hold Life Has: Coca and Cultural Identity in an Andean Community . Smithsonian Institution Press, 2002.
- Urton, Gary. At the Crossroads of the Earth and the Sky: An Andean Cosmology . University of Texas Press, 1981.
(7) - Green, Miranda. Dictionary of Celtic Myth and Legend . Thames & Hudson, 1992.
- Ross, Anne. Pagan Celtic Britain: Studies in Iconography and Tradition . Academy Chicago Publishers, 1996.
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