Mercoledì, 15 Maggio, 2024

Cronospazio.

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Introduzione.

E’ tutto inatteso. Quasi non voluto. E’ come se in realtà non avessimo libero arbitrio, ma che burattini illusi della realtà vivessimo una vita già vissuta. O forse no. Tutto avviene esattamente al contrario. Siamo noi i creatori primi e gli artefici della nostra realtà.
Il discernimento risulta molto difficile. Quasi impossibile. Il risultato è comunque un’immersione in un magma infinito che rallenta i nostri movimenti. Esattamente come fossimo in un sogno.
Del resto i sogni, come ebbi già modo di dire altrove, sono solo Mondi. Mondi reali come quello che viviamo quando crediamo di essere vigili e svegli. Con la stessa dignità di esistenza.
Quindi cosa rimane della nostra immersione nella vita? La stessa sensazione di essere e non essere. In modo pervicace insistiamo e con ciò ci illudiamo di percorrere un cammino denso di realtà.
Quando invece solo navighiamo a vista. Inconsapevoli e storditi.

E’ in momenti come questi che si viene colti dalla nostra possessione interiore e come marionette l’ispirazione come sfogo per le vicissitudini della vita trova pieno appagamento nell’arte, nella scrittura, nella musica, nella decantazione, nella pittura e nella poesia.
Ma è davvero nostra autodeterminazione?
Simo davvero noi i soggetti protagonisti della nostra interiorità e poi di conseguenza del nostro agire?
Oppure piuttosto è tutto già scritto predeterminato, eterodiretto e la nostra esistenza è frutto solo della mera esecuzione di un programma già dettagliato, proprio nel medesimo modo in cui avviene una simulazione?
Quindi non vi è possibilità di scelta. Il libero arbitrio risulta essere solo un vano esercizio di illusoria ed irrealistica fantasia.
Oppure no.
Oppure noi siamo davvero, magari anche solo come contenitori, sede di autonomo discernimento, di scintilla casuale e singolare di vera coscienza.
Oppure ancora l’imprescindibile consapevolezza che da molti è considerata come tessuto dell’universo, risiede in un “altro” da noi. E noi come semplici, ma allo stesso tempo complicate, antenne fungiamo da ricevitori che incanalano il pensiero, l’esperienzialità ed incarnano nella coscienza temporale il nostro vissuto.
Un tempo che quindi non esiste di per sé, ma è funzione creata e gestita dai nostri corpi per acquisire “esperienza”.
Io ritengo che anche però nello scenario più pessimistico in cui siamo inseriti in una realtà che realtà non è perché mera simulazione, possiamo essere gli artefici della nostra esistenza.
Ho acquisito abbastanza esperienza per comprendere come a volte sia sufficiente la semplice conoscenza di “programmi a basso livello” per poter noi stessi, volendolo, modificare il risultato di tali programmi modificandone il codice stesso che li compone.
Lo studio delle neuroscienze, soprattutto applicate allo sviluppo interiore, ha diverse volte dimostrato come sia possibile modificare certi aspetti pre-programmati delle nostre attività psichiche. Questo mi ha sempre lasciato nella convinzione sempre più marcata di come appunto invece possa esistere la possibilità, anche per noi marionette, di poter esercitare funzioni non previste o programmate in anticipo.
E quindi, come cosa meravigliosa, avere per conseguenza la nostra auto-programmazione generatrice di un libero arbitrio anche non previsto.

Cosa è quindi l’Universo? In cosa consiste la nostra esistenza? Ecco, possiamo quindi avere, forse, singoli bagliori di luminosità da tutto ciò che ispira la nostra esistenza.

Ogni singola ispirazione scaturita in queste pagine sotto questa luce, può essere vista come contingente ad un periodo, anzi oserei dire momento, della mia esistenza.
Un singolo istante generatore di uno spazio intorno a sé in cui si esplica il racconto che mostro.
Uno Cronospazio appunto.
Crono o Kronos (in greco antico: Κρόνος, Krónos) è una divinità della mitologia e della religione greca. In questi antichissimi miti era figlio di Urano, cioè del Cielo e di Gea o Gaia la madre Terra. Era uno dei Titani personificazione della Fertilità, del Tempo e dell’Agricoltura e padre del grande Dio Zeus.
In ogni piccola realtà descritta nelle seguenti pagine impera il Dio Crono, generato dal Cielo e dalla Terra, a sua volta guardiano dello spazio che lo abita.
Un Cronospazio.

Il Mondo di mezzo.

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Introduzione.

Viviamo in mondo greve.
Reso tale da intenti altrui.
Viviamo in un’epoca grigia in cui non è lecito discernere.
Vi sono verità non vere per decreto, per autoreferenziale autorità di competenza. Addirittura sono stati istituiti organismi para istituzionali che hanno la prerogativa esclusiva di discernere il vero dal falso.
Hanno il preciso compito di reprimere su qualsiasi mezzo di informazione ciò che venga ritenuto, “autorevolmente”, notizia falsa, non pertinente o fuori contesto. Con zelo devono sanzionare, elidere, conformare, cancellare ed obliare. Perché solo ciò che sia ammantato da ufficialità di correttezza sia la sola e unica verità.
Senza discussione. Senza contestazione. Senza ragione critica. Senza scelta. Senza opinabilità.
Si è ripristinato un regime di censura totale.
Dove ogni piattaforma che sia elettronica o cartacea, deve essere subordinata a tali preconcetti.
Dove chi dissente è tacciato di razzismo, xenofobia, di sobillante rivoluzionario, di sanguinante oppositore, di sostenitore della violenza, di estremismo, di pietoso e schifoso dissenziente.
Dove chi si muove usando discernimento e pensiero critico deve essere represso con leggi severe, emarginato, sanzionato, multato e tra non molto persino recluso.
Gli si devono confiscare beni ed averi e deve essere escluso dalla società civile.
Sono persino stati proclamati “eminenti figuri” al ruolo di riferimento per l’analisi della verità, messi a capo di testate redazionali, o a gruppi (autoproclamatisi) di controllo di notizie.
Sarà possibile monitorare attivamente conversazioni private, corrispondenza personale, rapporti personali sui social, conversazioni in chat e su esse intraprendere le azioni più opportune.
Senza intervento della magistratura, senza notifica di reato, senza contraddittorio, senza possibilità di appello.
Tutto ciò purtroppo è già realtà.
Ogni argomentazione che risulti fuori dai canoni ufficiali e stabiliti come verità viene marchiata come complottista.
Addirittura tale sistema è così divenuto folle e isterico da riuscire a contraddirsi in continuazione ed ad affermare un giorno una cosa e quello dopo il suo contrario.
Come nel caso delle così mistificate e vituperate scie chimiche.
Irrorazioni dei cieli sino a poco tempo fa del tutto negate e considerate come fantasie di folli e di fuori di testa.
Coloro che facevano notare tali presenze nei cieli venivano tacciati di pazzia e come persone sofferenti di manie persecutorie ed oltremodo ignoranti.
Si arrivava persino ad affermare che tali fenomeni non esistessero affatto o semplicemente fossero scie di condensazione, cristalli di ghiaccio (cosa peraltro in particolari condizioni vera).
Ora con abili mosse manipolatorie dei sistemi di informazione sono pian piano sdoganate come sistemi di controllo climatico, o come strumenti per “limitare” l’irroramento della luce solare al fine di ottenere una diminuzione della temperatura al suolo, dando loro, attraverso l’utilizzo di una terminologia anglofona (Chemtrails)
una veste di utilità benefica collettiva.
Ma si noti bene mai apertamente, in modo diretto e chiaro, con servizi e studi incentrati su tali temi e su tutto ciò che questo può comportare.
Tutto viene sempre detto di sfuggita, mettendo una parola lì e l’altra là, affermando un concetto immerso in un discorso marginale o con articoli dedicati sui giornali magari nelle ultime pagine.
Proprio per preparare le menti ad accettare un processo che in verità è in atto da alcuni decenni.
Alla fine tutti accoglieranno la cosa come una cosa ovvia, sempre saputa, innocua, addirittura utile e quindi di nessuno spessore.
Nessuno spessore?
A volte rimango ancora veramente stupito da quanto siamo divenuti domesticati e pronti ad accettare, dati gli opportuni strumenti, qualsiasi cosa.
Ne è ben dimostrazione proprio quanto accaduto dal 2020 ad oggi…
E purtroppo chi è preda di tali manipolazioni ed è così immerso totalmente in questi contesti di controllo sociale risulta essere del tutto incapace di accorgersi di quanto veramente sta accadendo intorno a lui.
Vorrei a tale proposito ricordare, per meglio spiegare questi concetti, un esperimento eseguito diversi anni or sono su un gruppo di scimpanzé e poi ancora un altro studio implementato più recentemente con modalità differenti, nei locali di attesa di un piccolo ambulatorio medico oculistico negli Stati Uniti.
La prima sperimentazione venne eseguita all’interno di una gabbia dove alcuni scimpanzé potevano muoversi liberamente. Al centro di questa struttura era collocata una pedana rialzata in corrispondenza di un gancio al soffitto che faceva penzolare un casco di banane.
Tutte le volte che uno degli animali tentava, salendo sulla pedana, di andare a prendere una banana, il resto del gruppo riceveva una scarica elettrica tale da stordirlo. Ben presto ogni volta che avveniva un tentativo per replicare questa azione da parte di uno degli scimpanzé, gli altri cercavano in ogni modo di non farlo salire sulla pedana, anche con modi molto aggressivi. Alla fine ovviamente più nessun animale osò avvicinarsi al casco di banane.
Nel proseguo della sperimentazione si sostituì una delle cavie con un animale della stessa specie che non era mai entrato però nella gabbia. Di nuovo non appena il nuovo arrivato tentava di salire sulla pedana per tentare di acchiappare una banana, veniva immediatamente assalito dagli altri allo scopo di impedirgli tale azione. Si operò quindi una sostituzione alla volta di tutti gli animali, sino a quando non vi fu più nessuno che avesse mai ricevuto alcuna scarica elettrica.
Anche se più nessuno di loro avesse mai sperimentato tale dolorosa esperienza ogni tentativo di procacciare una banana veniva osteggiato brutalmente.
Molto più denso di significato è stato l’esperimento eseguito nella saletta di attesa dello studio medico.
Seduti all’interno dei locali erano già presenti più di una decina di persone debitamente istruite ad alzarsi in piedi dalle seggiole allorquando venisse suonata una campanella.
Poi con la promessa di poter ottenere una visita oculistica gratuita, erano stati contattati alcuni soggetti affinché si recassero nello studio medico in un determinato giorno.
Ognuno di questi ultimi individui si ritrovò quindi nella situazione di dover assistere alla scenetta in cui tutte le altre persone presenti sedute si alzavano sempre insieme non appena veniva emesso il suono della campanella. Poi uno alla volta tutti i complici presenti facevano ingresso nella sala medica per la visita oculistica.
Ad un certo punto anche il soggetto umano facente da cavia, senza alcuna motivazione apparente, non appena udiva il suono della campanella si alzava in piedi per poi sedersi esattamente come facevano tutti gli altri.
La cosa incredibile fu che alla fine, sempre in attesa di entrare, anche in assenza di altri individui, continuasse stupidamente a rieseguire lo stesso rito, alzandosi dalla sedia.
A quel punto si fecero poi entrare uno ad uno tutti gli altri soggetti della sperimentazione attendendo che acquisissero quel comportamento condizionato, ottenendo alla fine come risultato che tutti i soggetti, senza saperne la ragione continuavano ad alzarsi per poi tornare seduti ogni volta che veniva suonata la campanella senza che vi fosse più alcun complice presente.
Incredibile vero?
Nella moltitudine di comportamenti acquisiti sin dalla nascita, nel nostro contesto attuale, l’istruzione riveste un ruolo essenziale.
Mi son sempre fatto vanto di quanto enunciato nella nostra costituzione italiana in merito allo sviluppo della persona umana.
Esistono specifici articoli al suo interno che proclamano senza possibilità di equivoci la funzione dello stato nella formazione delle potenzialità di ogni individuo, esiste quindi un ruolo primario delle istituzioni affinché ogni cittadino possa sviluppare le sue attitudini personali e sia pienamente sostenuto in questo.
Ed a ben vedere è quanto sin dal dopoguerra si è tentato di fare nell’educazione scolastica anche se con alterni risultati, ma si può senza ombra di dubbio affermare che per lo meno in questo compito si sono spese molte energie, soprattutto per merito del personale scolastico cresciuto sotto l’ombrello della cultura italiana del ventesimo secolo.
È vero, spesso si è stati ostaggio di interessi personali, nepotismo e persino a volte scarso impegno, ma lo spirito di fondo è sempre stato positivo ed incentrato alla realizzazione della crescita individuale della personalità umana.
Radicalmente invece è mutata la situazione dalla fine degli anni novanta.
Con l’introduzione dell’ennesima riforma si sono effettuati tagli consistenti in ogni ambito scolastico al fine di coinvolgere in questo processo l’attività di imprese private esterne.
E già solo questo può essere considerato un abominio dal momento che è ovvio che tali soggetti avrebbero impresso all’attività scolastica un indirizzo conforme ai propri interessi, trascurando inesorabilmente il principio primo relativo allo sviluppo delle propensioni personali.
Poi come se nulla fosse si è passati dal concetto di educazione a quello di formazione.
Mi si potrà obiettare cosa vi è di male in questa metamorfosi.
Si tenga presente che il concetto di “educazione” deriva dal latino “educĕre” o “educare” ed hanno entrambi il significato di “trarre fuori”. Esattamente quanto ci si proponeva negli enunciati costituzionali.
Il termine invece di formazione si rifà al verbo latino “fōrmare”, cioè “dare forma ad un oggetto”, “modellare”, “plasmare”.
Si evince chiaramente quanto questo non implichi solo un cambiamento puramente lessicale, ma proprio invece concettuale, in cui la funzione della scuola di far scaturire da ogni individuo il meglio di sé viene sostituita da quella di rendere ogni individuo conforme a determinati dettami e principi, che possano essere quelli finalizzati all’inserimento lavorativo oppure alla “normalizzazione” sociale.
Lo si capisce ancor di più dalla pubblicazione delle varie circolari ministeriali susseguitesi nel tempo in materia di insegnamento per il corpo docente, dove scompare ogni principio legato alla personale interpretazione della società e del mondo da parte dell’insegnante a vantaggio della supina accettazione di quei principi comunemente condivisi ed accettati, imposti dall’alto d’imperio e dati per scontati.
Questo può sicuramente apparire ad un’analisi superficiale come una conquista che affranca lo studente dagli influssi anche negativi del singolo docente, ma in verità si finisce per danneggiare lo sviluppo dell’allievo in maniera marcata e sostanziale facendo scomparire ogni possibilità di formazione di un pensiero critico che possa contrastare quello unico e dominante.
Tutto per creare strati sociali mansueti, ubbidienti e domesticati.

Giovedì, 7 Marzo, 2024

Il Millennio Trafugato.

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Vorrei fare alcune premesse.
La prima riguarda la constatazione che una buona parte delle “credenze” che ho assimilato dalla nascita si sono rivelate fallaci e mendaci.
Questo fatto ha avuto come conseguenza la messa in discussione di tutto quanto avevo appreso e che ho sempre dato per scontato, perché se si è rivelato falso un solo concetto, come dare per scontati tutti gli altri?
Oltretutto ho avuto dimostrazione del fatto che molte delle cose apprese nel corso degli anni sono state manipolate ad arte, altre cose sono state opportunamente celate ed altre si sono rivelate del tutto infondate.
Quando quindi ho incontrato le teorie del matematico e fisico russo Anatolij Timofeevič Fomenko, famoso per la stesura di diversi trattati di geometria e matematica topografica, professore all’Università statale di Mosca, e famoso per essere autore della teoria nota come nuova cronologia, inizialmente ne sono rimasto molto sorpreso, poiché andavano a mettere in discussione l’intero ciclo storico umano, e poi notevolmente incuriosito.
In effetti se si leggono i testi da lui pubblicati molte cose, anzi direi proprio tutte, appaiono molto diverse da quelle comunemente apprese in età scolastica.
L’analisi degli avvenimenti della storia da lui esaminati ha mostrato notevoli incongruenze, inesattezze e collocazioni fuori da un contesto preciso temporale. Cioè tali fatti a cui si fa riferimento non risulterebbero accaduti nelle date riportate nelle cronologie storiche.
Come Fomenko è giunto a tale conclusione?
Semplicemente effettuando una simulazione computerizzate nel tempo delle varie cronache utilizzando il ciclo delle eclissi, il movimento nel cielo dello zodiaco e quello del calendario lunare, che dimostrerebbe una sostanziale incompatibilità tra gli eventi accaduti e quello che risulterebbe dalle configurazioni celesti ed osservazioni astronomiche accomunate a tali eventi.
Avendo dimostrato da un punto di vista matematico tale incompatibilità è riuscito a stabilire che tutti gli eventi riportati nella storia dell’umanità in verità si sono succeduti solo nell’arco dell’ultimo migliaio di anni.
Allora ha proceduto ad uno studio statistico degli eventi delle cronache storiche per trovare tra tutti gli eventi storici, avendo anche notato che la gran parte di questi si ripeteva in modo sostanzialmente identico con lo stesso numero di attori con però nomi e luoghi diversi in tutte le epoche storiche prese ad esame, quelli che pensava si fossero ripetuti.
Quello che emerse in modo sconcertante fu che vi fosse stato un rimaneggiamento di tutto quanto accaduto.
Si erano presi cioè gli avvenimenti accaduti in circa otto, novecento anni e li si erano espansi in circa due millenni, facendo in modo di ripetere in maniera esatta quanto accaduto più volte, cambiando loro contesto geografico, storico e familiare di appartenenza.
Non solo, gli avvenimenti più remoti erano collocati in tempi ancora più datati di migliaia di anni, come accaduto nell’ascesa della cultura egizia artefattamente collocata in migliaia di anni fa, quando invece avvenuti in epoche molto più recenti.
In verità, da quello che ho potuto capire dalla lettura dei testi di Fomenko tradotti in lingua italiana, questa teoria risulta essere più complessa, nel senso che attraverso appunto uno studio sistematico statistico e matematico si è potuti risalire ad una cronologia esatta degli accadimenti storici, come riportato in tali testi, e contestualmente anche ai vari doppioni degli accadimenti riportati dalla cronologia ufficialmente accettata.
Questo veramente molto in somma sintesi quanto espresso da tali teorie.
Tali testi per chi ne fosse interessato, sono pubblicamente disponibili in lingua italiana e facilmente reperibili su web.
Fatto questo debito inciso per spiegare i fondamenti di tale nuova cronologia, vorrei ora esaminare alcune questioni.
Allo scopo si dovrebbe partire da quella che costituisce una branchia fondamentale delle scienze storiche che prende il nome di storiografia.
“La storiografia è una disciplina scientifica che si occupa della descrizione della storia e comprende tutte le forme di interpretazione, di trattazione e trasmissione di fatti e accadimenti della vita degli individui e delle società del passato storico. Con il termine storiografia si indicano anche tutte le opere storiche relative a uno specifico periodo o che si riferiscono a un definito argomento o scritte in osservanza a un determinato metodo.” come riportato anche da wikipedia.
La storiografia, purtroppo, non fa quasi più parte delle materie di studio delle classi scolastiche superiori, invece ne era parte integrante sino ad una ventina di anni fa.
Questa è una branchia dello studio della storia che mi ha sempre attirato e affascinato ed ho avuto proprio la fortuna, durante la mia frequentazione delle scuole medie superiori, di avere un insegnante particolarmente attenta propria allo studio di questa materia.
Perché risulta essere così importante?
Perché proprio grazie allo studio sopratutto dei testi diretti disponibili che riportano le cronache di un periodo storico si può risalire alle dinamiche della società di allora, degli accadimenti e delle evoluzioni nei periodi successivi. Lo studio dei testi originali è una fonte spesso incontrovertibile di ciò che è accaduto.
Fatto questo inciso, torniamo ora alle conseguenze introdotte dalla teoria di Fomenko.
Se tali teorie risultassero esatte, questo implicherebbe che in epoca recente sia stata effettuata una manipolazione profonda di tutto ciò accaduto nella storia umana.
In effetti a ben pensarci è sempre stato così.
Noi possiamo essere a conoscenza dei vari fatti succedutosi solo grazie alle conoscenze arrivateci dai documenti reperiti delle varie epoche.
La cosa che più risulta evidente è però la quasi totale mancanza di reperti in forma scritta del periodo antecedente l’anno mille.
Questa cosa è sempre stata giustificata dalla fragilità dei materiali sui quali tali opere erano state scritte.
Quasi tutto lo scibile di conoscenza arrivato sino ad oggi ci è pervenuto grazie alla copia e riscrittura effettuata da monaci cristiani in vari monasteri che ha permesso giungessero sino a noi le opere dell’antica Grecia di Platone, Socrate, Anassimandro, e poi ancora dopo del periodo romano di Plutarco, Andronico, Nevio, Seneca, Cicerone e così via.
Un’altra giustificazione importante è stata quella della distruzione avvenuta in varie epoche storiche delle immense biblioteche della classicità, come quella più famosa di Alessandria di Egitto.
Questa cosa mi è sempre apparsa come quantomeno strana, poiché invece molti reperti storici, risalenti ad epoche assai più remote ci sono comunque giunti, magari in frammenti o molto logorati e fragili.
Però ho sempre ritenuto probabile che fosse stato operato un rimaneggiamento dei testi classici da parte della comunità ecclesiastica cristiana assoggettando le varie opere a quel tipo di mentalità, di convenienza e credo religioso piuttosto che ad operare una trascrizione letterale di quanto era stato scritto. Distruggendo od occultando opportunamente di conseguenza tutto quanto non si conformasse a tali canoni.
La prospettiva di Fomenko getta tutto però in una nuova prospettiva.
In tale visione si ritiene che questo grande reset storico sia avvenuto trai i primi anni del 1700 ed i primi del 1800. E’ poi proseguito ancora per diverso tempo operando un ulteriore fine pulizia sin oltre il 1850.
Che vi siano stati rimaneggiamenti, occultamenti e riscritture è comunque evidente, operazioni sopratutto coincidenti con la fine di grandi eventi di conflitto armato.
A partire dal XVI-XVII secolo d.C., si cominciò ad assumere una definita cronologia della storia antica, quella poi chiamata “cronologia scaligeriana”.
Fu grazie al lavoro di G. Scaligero e subito dopo a quello di D. Petavio, che la storia assunse lo svolgimento che oggi attribuiamo come definito, ma che in verità avvenne con una metodologia molto condizionata dalla visione rinascimentale predominante in tale periodo storico.
Ma quindi che avvenne secondo la teoria di Fomenko?
Lo snodo cruciale che ha determinato lo stravolgimento storico dell’uomo avvenne nel 1776.
In tale anno venne scritta ad opera di Thomas Jefferson, la Dichiarazione d’Indipendenza Americana.
Il 4 luglio 1776, il Congresso degli Stati Uniti approvò la Dichiarazione di Indipendenza.
Se si pone l’attenzione all’altro lato dello stemma degli Stati Uniti d’America, si vedrà la famosa piramide su cui è posato l’occhio che tutto vede e in basso a scritta “Novus Ordo Seclorum” che in questa nuova visione di riscrittura della storia assume il significato di Nuovo Ordinamento dei Secoli.
Secondo la nuova riscrittura degli avvenimenti storici tale anno decretò la fine definitiva di un impero, quello dell’Orda o meglio quello associato all’Impero della Grande Tartaria, contro cui si schierò quello del nuovo ordine mondiale di allora, capeggiato dalla famiglia russa dei Romanov.
Fu preciso e puntiglioso compito di tali vincitori cancellare completamente la memoria del vecchio impero sin nei suoi più remoti possedimenti, relegando all’oblio ogni fatto, ogni avvenimento facente parte del vecchio impero.
Questo comportò la totale riscrittura non solo degli avvenimenti, ma anche di ogni testo che facesse a questi riferimento, riscrivendo un’intera cultura ed ogni più minuto particolare.
Confesso che tale visione ha aspetti intriganti e di sicuro alcuni di questi sono veri e propri fatti, sopratutto quelli relativi alla datazione in relazione alle eclissi ed alle collocazioni zodiacali sulla volta celeste dei vari avvenimenti.
Inoltre vi sono vari studi portati avanti da alcuni ricercatori che prospettano sicuramente una diversa collocazione temporale storica di molte popolazioni.
Mi riferisco in particolar modo alle ricerche svolte da Sara Gamberoni, la cui tesi di laurea verteva proprio su alcuni aspetti inspiegabili secondo la cronologia storica tradizionale.
Vi sono sostanzialmente due colonne cardine per la datazione di un sito archeologico.
Uno è quello relativo alla stratificazione, l’altro è quello alla datazione al radiocarbonio dei reperti o del materiale proveniente da tale sito.
Partiamo dal primo.
E’ comunemente accettato che nel corso dei secoli si abbiano stratificazioni diverse del terreno pertinenti ad epoche diverse.
Per cui in un sito ben definito lo strato stratigrafico relativo a quel sito è uniforme a tutta quanta la sua estensione in un determinato periodo storico. Tale strato viene definito come piano di calpestio, proprio per stare a significare che è relativo a quella porzione di terreno soggetta ad essere calpestata ed utilizzata dalla popolazione lì residente.
Di conseguenza se prendiamo ad esempio alcune regioni italiane adriatiche mi aspetterei esistesse che so, un primo strato di calpestio relativo all’epoca etrusca, poi uno ad un’epoca successiva romana, poi ancora uno medioevale e poi ancora uno rinascimentale e così via sino ai nostri giorni.
Quello che però la Gamberoni ha rilevato nel territorio della città di Ferrara nello studio per la sua tesi di laurea è stato estremamente contraddittorio ed incongruente.
Difatti dall’esame dei vari piani di calpestio è emerso che quello etrusco fosse contemporaneo a quello romano e medioevale.
Ora può essere plausibile che due piani collocati temporalmente abbastanza vicini abbiano la medesima collocazione spaziale, ma risulta del tutto ingiustificabile come ad esempio quello etrusco possa coesistere con quello medioevale.
Invece in una prospettiva come quella definita dal ricercatore matematico Fomenko il tutto assume una perfetta collocazione.
L’altra colonna portante dicevamo è costituita dalla datazione al radiocarbonio.
La teoria su cui si basa è abbastanza semplice.
Il carbonio ha un peso atomico pari a 12. Questo perché costituito da un nucleo con 6 protoni e 6 neutroni.
Dell’atomo del carbonio esistono altre composizioni, alcune delle quali radioattive, chiamate isotopi del carbonio. Quella che a noi interessa è quella denominato C14 perché costituita da 6 protoni ed 8 neutroni.
Tali atomi vengono per lo più formati a causa dell’iterazione in alta atmosfera del carbonio comune con i raggi cosmici che trasportano neutroni. Accade di conseguenza che alcuni neutroni scontrandosi con l’anidride carbonica od anche singoli atomi di carbonio vengano inglobati all’interno del nucleo formando appunto tale isotopo del carbonio, il C14.
Tale isotopo risulta però instabile, cioè con il tempo tende a tornare alla sua forma originale emettendo nel frattempo radiazioni e quindi perdendo i due neutroni in più. Perché tale fenomeno accada occorre un tempo molto preciso.
Se quindi prendiamo un campione d’aria questo conterrà un certo numero di atomi di carbonio 14, trascorso un tempo determinato ne conterrà una certa quantità inferiore, trascorso ancora un po’ di tempo ne conterrà ancora meno e così via sino a che tutto il C14 sarà convertito in carbonio normale.
Se si riflette sulla cosa questo potrebbe essere un metodo perfetto per determinare l’età o di un campione d’aria o di un materiale che abbia intrappolato al suo interno un campione d’aria al momento della sua formazione, come ad esempio un vaso di terracotta o porcellana.
E così è stato fatto per determinare con una discreta precisione la datazione di molti reperti archeologici.
E proprio qui sta il problema principale.
Sebbene sulla carta questo possa essere in linea teorica un ottimo metodo per stabilire l’età di un reperto archeologico, nella pratica si scontra con una realtà ben diversa.
Innanzitutto perché non può essere stabilita con assoluta certezza la quantità di carbonio, e quindi la sua percentuale di C14, nell’aria in un determinato periodo storico.
Basti pensare proprio al periodo attuale in cui le unità per centimetro cubico di carbonio sono superiori a quelle di una decina di anni fa per la presenza maggiore di anidride carbonica.
Ma non esiste solo questo fattore. Tali percentuali in rapporto al resto dell’atmosfera possono cambiare per mille fattori diversi.
Un’eruzione vulcanica ad esempio. Oppure tali variazioni possono essere avvenute a seguito di un periodo di siccità estrema a cui sono seguiti estesi incendi che hanno portato il carbonio immagazzinato nelle piante in atmosfera.
Ma vi sono anche altre ragioni.
E allora come mai tale strumento viene così utilizzato ancora oggi?
E sopratutto, perché si ritiene che confermi proprio le datazioni presunte?
La risposta sta proprio nella domanda.
Questo meccanismo si può definire autoreferenziale.
Quasi sempre quando vi è bisogno della conferma di una datazione di un reperto, l’archeologo che invia i campioni ai vari laboratori per le analisi, li accompagna con una datazione presunta. Viene fatto questo perché in assenza di tale riferimento nella stragrande maggioranza dei casi si possono generare degli estremi di date o troppo antiche o troppo recenti, avere un riferimento fa scartare appunto i due estremi inferiore e superiore rendendo, si dice, più attendibile quindi la datazione.
In questo modo però non si fa altro che confermare un dato già in partenza presunto!
Nella realtà è già stato dimostrato più volte quanto tale sistema sia stato inattendibile. E molto spesso ha persino confermato date molto più vicine alle datazioni di Fomenko, come quelle avvenute sulla sacra Sindone che la collocherebbero intorno al 1100, in perfetta sintonia con la presunta morte del Cristo che in tale cronologia sarebbe avvenuta nell’anno 1185 ed il cui nome reale sarebbe stato quello di Andronico I Comneno a cui corrisponderebbero nella datazione ufficiale i nomi di moltissimi personaggi di primo piano, mai esistiti secondo Fomenko, appartenenti a periodi lontanissimi tra loro come ad esempio Giulio Cesare.
Come stanno quindi le cose?
Beh, secondo me è estremamente difficile poterlo affermare con precisione.
Di sicuro che la storia non sia quella che abbiamo studiato sui libri di storia mi pare evidente.
Però non riesco a concordare appieno con le teorie descritte da Fomenko e da molti altri ricercatori come Sara Gamberoni. Per svariati motivi.
Uno di questi riguarda proprio la presunta cancellazione e riscrittura di tutti i documenti e le opere antecedenti al 1776.
Oltreché essere stata un’operazione mastodontica, avrebbe comportato la minuziosa ricerca di ogni documento esistente all’epoca.
E’ evidente che la mole di opere e scritti dovesse essere incommensurabilmente inferiore al nostro patrimonio attuale, ma di sicuro costituiva comunque una quantità non trascurabile e minima.
Andare alla ricerca di ogni trattato, ogni cronaca, ogni romanzo, ogni poema, lavoro teatrale, eccetera nelle librerie o biblioteche di ogni signore, nobile, o chiunque altro avesse costituito la classe più forbita e colta dell’epoca, lo credo davvero poco plausibile.
Sarebbero comunque sopravvissuti numerosissimi testi, anche originali, che sarebbero dovuti comunque arrivare sino a noi.
Inoltre a dimostrazione di questo si consideri come è avvenuta, nel corso dei secoli, la divulgazione delle opere letterarie o più in generale dei testi in forma scritta.
Sino al millequattrocento le opere venivano trascritte quasi esclusivamente a mano tramite i copiatori.
Nel secolo successivo grazie all’introduzione dei caratteri mobili di Gutenberg invece si ha uno stravolgimento ed un’esplosione della diffusione del libro.
Non è esistito un solo modo di esecuzione per la stampa, ma si sono succeduti metodi e utilizzo di macchinari anche completamente differenti che hanno dato origine ad una diversa moltitudine di implementazioni.
Inoltre, indipendentemente dal metodo di realizzazione delle opere, anche i supporti erano molto diversi.
La carta, che ha avuto origini cinesi, in Europa subì vari processi di produzione con materiali diversi.
Sino al tredicesimo secolo la produzione fu appannaggio esclusivo della popolazione araba, tale commercio subì una drastica riduzione quando improvvisamente i fabbricanti italiani di Fabriano iniziarono la sua realizzazione con metodi innovativi e completamente diversi.
Nei vari secoli quindi si ebbero a stampare testi sia utilizzando materiali che metodiche a volte sostanzialmente differenti.
Pensare ad una manipolazione storica che coinvolga la comunque discreta mole di libri prodotti e stampati senza creare un’evidente e macroscopica contraffazione risulterebbe praticamente impossibile.
Bisognerebbe cioè credere che nel 1700 fosse possibile riscrivere un libro utilizzando le stesse tecniche, gli stessi materiali e gli stessi dispositivi utilizzati nella stesura prima dell’opera.
Vi è inoltre un’altra questione non di poco conto.
L’esecuzione di un reset di quella portata presupporrebbe un altro incredibile fatto.
Nell’immenso grande impero della Tartaria, che aveva persino possedimenti nell’America settentrionale, tra cui l’Alaska, sarebbe stata in uso una lingua di diretta derivazione slava, ancora oggi in uso in Turchia e in alcune regioni della Mongolia.
Quando i Romanov succedettero alla dinastia precedente nella battaglia di Pugachev vennero introdotte tutta una serie di lingue diverse a giustificazione di una storia completamente diversa da quella che in realtà avrebbe dovuto essere.
Nacquero così le entità linguistiche che conosciamo oggi, latino compreso.
Questa cosa a mio modo di vedere risulterebbe ancora più ostica da accettare.
Dar luogo a diversi gruppi linguistici dal nulla con la contestuale nascita di diverse lingue tutte con una loro diversa conformazione ed un diverso vocabolario, con infinite altre strutture che le sottendono risulterebbe un’opera di ben difficile realizzazione e secondo me quasi impossibile da implementare.
Quindi cosa rimane?
Lo ripeto sono convintissimo di una feroce manipolazione e ristrutturazione dei fatti storici.
Come sono altresì convinto che molte delle argomentazioni alla base delle teorie di Fomenko poggino su fondamenti solidi, come gli studi effettuati sulle eclissi e le osservazioni astronomiche.
Quello che invece mi lascia perplesso è la ricostruzione degli avvenimenti sopratutto relativi al grande reset effettuato.
Sarebbe auspicabile quindi si effettuasse da parte di tutto il mondo accademico una revisione sostanziale e particolareggiata di tutta la concezione dell’attuale cronologia storica, ma non credo che nel momento attuale di ostracismo, manipolazione della realtà, profonda censura ed imperante scientismo questo sia minimamente possibile.

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Giovedì, 22 Febbraio, 2024

Evoluzione, Creazione o cosa?

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Nella versione più accettata dalla comunità scientifica circa la presenza e l’evoluzione della vita sulla Terra sin ai nostri giorni vi sono aspetti molto confusi e per nulla chiariti:
esaminando la sedimentazione stratigrafica dei vari organismi ad esempio si nota il perdurare per periodi lunghissimi di specie con le stesse caratteristiche per passare poi a salti evoluzionistici improvvisi in cui si nota la presenza di tratti morfologici e strutturali parecchio diversi da quelli che contraddistinguevano le specie di cui si ritiene la provenienza.
A volte è chiara la derivazione costituita dalla sostituzione di caratteristiche avvenuta gradualmente e con tutte le varie catene di collegamento presenti, ma per la maggior parte dei casi i cambiamenti sono avvenuti in maniera repentina senza alcun anello di collegamento.
L’idea di un evoluzione nella vita affonda le sue origini sin dal 600 a.c. con il pensiero di Anassimandro (filosofo greco), ma un definizione precisa dei principi che vengono ad oggi accettati dalla comunità scientifica è abbastanza recente con la teoria evoluzionistica di Darwin che in sostanza propugna l’idea che modifiche casuali nel patrimonio genetico sopravvivono nella progenie se tali cambiamenti sono funzionali ad una migliore adattabilità all’ambiente a scapito degli individui sprovvisti di tali cambiamenti (la famosa competizione delle specie o sopravvivenza del più forte).
In verità tra fine 1700 e primi del 1800 vi era anche un’altra teoria che spiegava la speciazione, quella propria di Lamarck, la quale prefigurava fosse l’ambiente ad indurre cambiamenti all’interno degli individui che poi trasmettevano alle generazioni future tali modifiche, senza alcuna competizione e senza alcuna supremazia del più forte.
Contrapposta a questa visione è sempre stata quella del Creazionismo che poi è stata modificata nel Disegno Intelligente per trovare giustificazione ai cambiamenti che avvenivano non solo durante gli esperimenti ma anche osservando ciò che accadeva in modo naturale nel mondo.
La teoria che si è fatta strada sino ai giorni nostri è stata soprattutto quella Darwiniana, appoggiata a mani basse dalle élite culturali inglesi in epoca vittoriana perché andavano a giustificare quella che era la visione che poi confluirà nel fabianesimo nel 1884 con la fondazione della Fabian Society.
Una visione paternalistica e sfruttatrice dell’essere umano che prevede che individui moralmente superiori agli altri quasi per diritto divino o di nascita gestiscano i bisogni e le tendenze del popolo becero ed inferiore.
Questa visione veniva compenetrata in maniera simbiotica con l’evoluzionismo della sopravvivenza del più forte, i più forti sarebbero stati gli eletti che avrebbero guidato il mondo.
Un aspetto intrinsecamente incarnato con tale visione fu proprio il capitalismo, alla radice d tale pensiero.
Sarebbe stato il capitale, nelle mani di coloro che si consideravano gli eletti, a fornire lo strumento tramite il quale edificare la nuova società.
Tale visione ha condizionato in modo pesante la società dei nostri giorni, in cui l’individuo è considerato solo uno stupido consumatore del tutto incapace di comprendere quali siano le proprie esigenze.
Tornando alla selezione naturale, questo assioma risulta però del tutto incapace di giustificare moltissimi aspetti evolutivi.
Per esempio esistono diverse specie di batteri e non solo che mettono in diretta discussione la trasmissibilità dei caratteri del più forte nelle generazioni successive.
Avevo letto già nel 2019 un articolo comparso sul numero di Giugno dell’edizione italiana di Scientific American dal titolo:
“Evolvere per il bene del gruppo” (di David Sloan Wilson e Edward O. Wilson).
In tale articolo veniva affermato che non solo si può avere una trasmissibilità delle variazione genetiche casuali da singolo individuo ma addirittura attraverso il gruppo, come ad esempio una colonia di batteri, viene cioè applicata una sorte di selezione di gruppo che fa sì che sopravviva solo il gruppo che esprime determinati caratteri genetici che lo avvantaggiano.
Tale estensione della teoria, anche prevista in embrione dallo stesso Darwin, doveva giustificare il fatto che all’interno ad esempio di una colonia di batteri vengono anche tramandati caratteri genetici che sono propri di individui il cui comportamento è magari vantaggioso per sé e la propria progenie ma estremamente distruttivo per il gruppo di cui fa parte nel suo complesso.
Viene presentato l’esperimento di un gruppo di ricercatori (Paul B. Rainey e Katrina Rainey) su un tipo particolare di batteri (Pseudomonas fluorescens) immersi in un brodo di cultura che contiene sostanze indispensabili alla crescita di tale colonia.
Tale ambiente deve essere costantemente agitato per permettere l’ossigenazione del brodo poiché l’ossigeno risulta indispensabile per tali batteri.
Nel caso si smetta l’agitazione all’interno del brodo si determina un ambiente anossico poiché via via i batteri consumano tutto l’ossigeno disponibile e rimane a disposizione della colonia solo lo strato superficiale a contatto con l’aria.
Grazie a una mutazione spontanea (e secondo la teoria evoluzionistica darwiniana del tutto casuale), le cellule acquisiscono la capacità di secernere un polimero di cellulosa con cui formano una sorta di piccolo diciamo «materassino» che le aiuta a colonizzare la superficie.
Ma la produzione di tale polimero risulta essere estremamente dispendiosa per il metabolismo, ciò significa che quei batteri che non hanno sviluppato tale mutazione avranno una vita migliore perché sfrutteranno il materassino prodotto dagli altri batteri senza consumare energie aggiuntive. Se però tali imbroglioni crescono troppo in proporzione rispetto a coloro che costruiscono il materassino succede che esso sprofonderà nel brodo decretando la morte di entrambi i gruppi non essendo in grado di sorreggere tutti.
In tale esperimento si è dimostrato che il tratto
della mutazione è comunque mantenuto nella popolazione dalla selezione di gruppo, anche se è
svantaggioso all’interno di ciascun gruppo.
La cosa a mio avviso incredibile è che siano sfuggite alcune considerazioni.
La prima riguarda proprio la così detta mutazione casuale.
Come si possa ritenere la produzione del polimero di cellulosa che costituisce la struttura del materassino un evento del tutto casuale mi sembra quantomeno assurdo.
Mi spiego meglio.
Affinché si possano generare tutte le combinazioni possibili che fanno in modo di poter produrre esattamente quel tipo di soluzione richiederebbe un tempo lunghissimo.
Oh intendiamoci prima o poi potrebbe accadere, ma penso di essere nel giusto nel ritenere che la colonia batterica si estinguerebbe molto prima.
Quindi proprio questo esempio dimostrerebbe che un simile adattamento evolutivo avrebbe bisogno di un quadro teorico ben diverso da quello che prevede la casualità.
Anche perché il sistema evolverebbe da un sistema più semplice ad uno nettamente più complesso in un lasso di tempo appunto relativamente esiguo.
Senza stare a dilungarmi ulteriormente vorrei dire che proprio tale esperimento dimostrerebbe, al contrario di quanto affermato dai relatori dell’articolo, che per di più non sia necessariamente il più forte a trasmettere i propri caratteri alle generazioni successive.
Ed infine insisto nel ribadire che per questo tipo specifico di adattamento sarebbe necessaria una modifica delle strutture trasmissibili enormemente più complessa rispetto a quella iniziale molto più semplice.
Si è quindi anche arrivati a ritenere che spesso, come proponeva Lamarck, sia l’ambiente che direttamente indirizzi uno specifico aspetto evolutivo.
Questo in maniera principale per le forme di vita unicellulari o morfologicamente più semplici.
In molto studi si è dimostrato che il DNA contenuto all’interno del nucleo cellulare di queste creature meno strutturate può essere modificato direttamente da molecole esogene alla cellula.
Quindi i cambiamenti potrebbero in molti casi avvenire non su ricombinazioni casuali all’interno del DNA, ma a seguito di segnali provenienti dall’esterno della cellula medesima.
E quindi mi chiedo, siamo davvero certi che tali cambiamenti dovuti a vettori esterni siano solo indotti nelle forme vitali più semplici?
Non potrebbero essere indotti anche in creature più complesse come l’essere umano?
A tale domanda sarei ovviamente propenso a dare una risposta affermativa.
La letteratura scientifica e medica è piena di esempi di sostanze o addirittura farmaci capaci di indurre l’espressione di determinate zone del DNA contenuto nei nuclei cellulari.
O ancora peggio di introdurre cambiamenti anche significativi nell’espressione genica e persino trasmissibile alle generazioni cellulari future.
E qui non si può fare a meno di ricordare la triste esperienza recente delle famose terapie geniche a mRNA per l’induzione dell’espressione della proteina Spike…
Ma torniamo allo studio dei reperti fossili.
Analizzando i vari piani stratigrafici si può notare come i cambiamenti avvengano per così dire ad ondate. Cioè in determinate epoche è emerso che tutta una serie di diverse specie improvvisamente acquisissero tratti che prima non avevano.
La cosa sorprendente riguarda appunto l’aspetto che i cambiamenti avvengano in maniera contemporanea per tutta una serie di specie presenti nell’area.
Questo con il tempo ha portato allo sviluppo di una teoria che si discosta in gran parte dall’evoluzionismo tradizionale.
Infatti si ipotizza che i cambiamenti avvengano per salti in maniera sincrona, un po’ come avviene con la sincronicità acquisita dai metronomi posti su piano quando vengono fatti partire in modo non sincronizzato.
In un certo qual modo è come se tutte le specie si rimodulassero in sincronia con determinati eventi ambientali in modo spontaneo.
Si è fatta strada in questi anni infatti una teoria che riprende in parte questi concetti, tale teoria si basa sull’idea di una nuova legge di natura:
“la legge sull’incremento dell’informazione funzionale”.
Nell’ottobre del 2023 è stato pubblicato sulla rivista online di PNAS
https://www.pnas.org/doi/10.1073/pnas.2310223120
un articolo a firma di nove tra scienziati e filosofi che propone un’idea di evoluzione veramente intrigante.
Il processo evolutivo è una caratteristica di tutti i sistemi complessi naturali, dalle stelle ai minerali.
Quindi non riguarderebbe solo i sistemi viventi.
Ma proprio ogni cosa dall’animato all’inanimato.
Si esplicherebbe nella visione che i sistemi naturali complessi evolvano verso stati a maggior strutturazione, diversità e complessità.
Spiego meglio, i sistemi sono formati da componenti diverse, biologiche e non biologiche (atomi, molecole o cellule), che interagiscono tra loro e si riorganizzano continuamente.
In quanto soggetti a fenomeni naturali, tali sistemi si modificano e possono assumere assetti diversi, ma solo una piccola parte di queste nuove configurazioni sopravvivrà sotto la spinta di una forza che gli studiosi hanno chiamato “selezione per funzione”.
Se poi molte diverse configurazioni del sistema subiscono la selezione per una o più funzioni, il sistema evolverà.
Prendiamo ad esempio un sistema semplice.
Un sistema di atomi e molecole.
Solo una piccolissima parte di tutti i trilioni di combinazioni possibile sarà di una qualche utilità funzionale, bene sopravvivrà quella più utile.
E cosa si intende per funzione?
Mentre Darwin affermava che la funzione di un sistema biologico era principalmente quella di sopravvivere abbastanza a lungo per riprodursi, in questa nuova concezione la funzione si estende e si declina in modi diversi.
Ad esempio una funzione è la “stabilità”.
Come lo sono i cristalli minerali, ossia disposizioni ordinate di atomi o molecole, che durano nel tempo. Oppure un’altra funzione può essere la “dinamicità”, come lo è un sistema dinamico alimentato da energia.
Una terza funzione può essere invece l’introduzione di una “novità”, che sia nuova caratteristica od un nuovo comportamento, e l’evoluzione della vita sulla Terra è piena di esempi di questa funzione, ad esempio la vita pluricellulare che si è evoluta quando le cellule hanno imparato a collaborare, oppure la fotosintesi clorofilliana avvenuta allorché una cellula ha acquisito la capacità di sfruttare la luce per produrre energia.
Ma non è finita qui perché l’evoluzione di sistemi viventi e non viventi può intrecciarsi in modi incredibili, basti pensare come da minerali primordiali particolarmente stabili si sono evoluti altri minerali che in seguito sono stati sfruttati dalle forme di vita nel loro processo evolutivo, formando conchiglie, ossa, denti.
In questo contesto viene affermato che la teoria darwiniana sia solo un caso molto speciale, di una qualche importanza certamente, ma risulterebbe collocato all’interno di un fenomeno naturale molto, molto più ampio.
L’idea che la selezione per funzione guidi l’evoluzione ovviamente può essere applicato a scenari del tutto diversi come alle stelle, agli atomi, ai minerali e a molte altre situazioni concettualmente equivalenti.
Secondo me quindi tutte queste teorie non si escludono a vicenda, nell’evoluzione dell’universo e delle specie, c’è un po’ di darwinismo, un po’ delle teorie di Lamarcke ed un poco della visione del Disegno Intelligente.
E di sicuro l’evoluzione funzionale e l’evoluzione per salti ne sono parte fondamentale.

Arriviamo in maniera specifica ora alla teoria evoluzionistica umana.
Qui appare evidente chiaramente che le cose siano assai diverse da quella che vuole essere la visione scientifica ufficiale.
Troppe sono le incongruenze, le lacune, le manipolazioni, le imprecisioni e gli evidenti buchi. Anche da un punto di vista logico e razionale.
La teoria classica prevede che vi sia stata circa centocinquanta, duecento, duecentocinquantamila anni fa la definizione del genere che avrebbe assunto i connotati dell’Homosapiens.
Quest’ultimo verrebbe collocato geograficamente in Africa nella zona che va dall’Etiopia alla Tanzania.
Sempre secondo tale visione circa 75.000 anni fa si diffuse nel resto del mondo.
Inoltre circa 30.000 anni fa si impose su qualsiasi altra specie di Homo di allora rimanendo l’unica presente sul pianeta.
Questa ricostruzione stride però con numerosissimi reperti rinvenuti in gran parte del mondo che vedono una presenza simultanea su tutte le terre emerse, dall’Europa all’Asia, alle Americhe e persino in Australia e nelle isole del Pacifico ben prima dei 75.000 anni previsti dalla teoria ufficiale.
Senza stare a ripercorrere tutte le incongruenze rinvenute consiglio di ascoltare e vedere la registrazione pubblicata sul canale di “Border Nights”, presente su numerose piattaforme, con ospite il ricercatore Tony Maniscalco che spiega in maniera esaustiva come le cose nella preistoria dell’uomo si siano svolte ben diversamente da quelle narrate dalla paleoantropologia ufficiale.
Quello che sembra emergere sempre più è che vi siano stati alcuni cambiamenti repentini nel comportamento umano assai singolari.
Questi poi sono stati accompagnati da tutta una serie di mutazioni allo stesso modo strane sia nella flora che nella fauna che circonda le abitudini e le necessità umane.
Mi riferisco in particolar modo all’agricoltura ed all’allevamento animale che secondo me non si spiegano per nulla con la narrazione ufficiale che sia stato semplicemente l’uomo ad adattare alle sue esigenze quelle numerose specie.
Non solo perché questo comporterebbe un tempo di selezione assai maggiore dell’arco di tempo in cui esso si è sviluppato, ma sopratutto anche perché le mutazioni via via succedutesi presentato tratti caratteristici, morfologici e genetici che mal si assoggettano ad una semplice selezione naturale quale l’uomo preistorico sarebbe stato in grado di realizzare. Sembrerebbero più operazioni effettuate in ambito di editing genetico finalizzate a rendere tali specie animali e vegetali idonee alle esigenze umane in maniera decisamente artificiale.
Che si vada dalla comparsa improvvisa di specie come il frumento, il mais, la patata o l’orzo od il pomodoro ad animali come la pecora, la mucca, il cane od il gatto.
A questo proposito bisognerebbe aprire un più dettagliato dibattito di come tutte queste specie non solo siano comparse in maniera quasi improvvisa ma sopratutto che la loro comparsa sia stata accompagnata da tutta una serie di tratti e caratteristiche esattamente definite e precisamente confacenti alle necessità dell’uomo.
Una tale selezione (effettuata tramite lo sfruttamento iniziale di modifiche casuali) avrebbero di sicuro richiesto tempi considerevolmente più lunghi di quelli narrati e le stesse modalità di conduzione della selezione sarebbero state molto difficoltose stanti gli strumenti utilizzati propri delle epoche alle quali si fa riferimento.
Senza tenere conto del fatto che alcuni siti genici di alcune specie prese in esame presentano similitudini troppo evidenti con altre specie anche del tutto differenti per poter ritenere che tali ricombinazioni siano del tutto casuali.
Assomigliano molto di più ai risultati ottenuti oggi in ambito di editing genetico per la produzione dei famosi OGM (Organismi Geneticamente Modificati).
Oltretutto lo stesso Homosapiensapien sembrerebbe a sua volta stato oggetto di manipolazione.
E forse più di una, con l’ultima probabilmente avvenuta subito dopo l’ultima era glaciale di circa 12.000 anni fa.
Anche perché l’emersione di alcuni tratti tipici e caratteristici dell’attuale essere umano risultano del tutto nuovi e con connotati che trovano nella corrente concezione della speciazione per selezione naturale ben poche giustificazioni.
Lo sono tratti fisici come i capelli, una quasi totale assenza di peluria, un rivestimento epidermico delicato e poco protettivo, l’assenza sostanziale di caratteristiche fisiche atte ad offendere seriamente, come unghie o denti e così via.
Allo stesso modo la comparsa di connotati psichici e capacità cognitive particolari risulterebbero quantomeno fuori luogo o ben strani, come ad esempio la capacità di mentire.
E di sicuro senza il nostro ecosistema di animali e piante selezionate appositamente per noi non saremmo certo sopravvissuti.
Quindi evoluzione?
Per noi forse più manipolazione.

Il Creato.

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Il tutto è Creato?
Da chi?
Da sé medesimi?
Da un Creatore?
Da una simulazione?

Piccolo anticipo, l’Antefatto, estratto da quello che sarà “Il Mondo di mezzo”.

Nel Mondo di Sopra, Olaf, il demiurgo, quella sera aveva finito veramente tardi di lavorare.
Con fatica, arrancando intorno all’edificio, tirava in basso una ad una tutte le serrande alzate.
Arrivato ansimando all’ultima, finalmente, fece per alzare il piede di porco usato per l’operazione, quando, inciampando per la stanchezza, cadde al suolo sopra la grata di areazione delle cantine sottostanti, ed a causa del peso eccessivo che si portava appresso nella sua flaccida e corposa persona, non gli riuscì proprio di arrestare il capitombolo, che ebbe come conseguenza l’essere infilzato del suo capo da una delle estremità acuminate dell’arnese che teneva in mano.
Ora, per quanto cruento e truce possa sembrare la rottura delle sue ossa craniche con l’inevitabile fuoriuscita di buona parte del materiale cerebrale, non si potrebbe mai minimamente immaginare l’incredibile cascata di conseguenze che avrebbe portato tale fatto in una serie infinita di Mondi sottostanti.
Nel primo Mondo, quello fatto di polvere, sabbia, rifiuti e scarti del Mondo sovrastante, il sangue che colava copioso dallo squarcio della ferita aperta nel capo di Olaf, il demiurgo, inondò come manna rigeneratrice su un sottobosco di muffe, funghi, batteri ed altre minute creature quali si possono trovare nei terreni o negli impianti fognari. Tale effluvio portatore di vita come un tocco magico destò una vita brulicante fatta di miliardi di esseri viventi; un vero intero Mondo inatteso, come fosse un pianeta intero data la varietà e moltitudine di forme organiche.
Insieme a queste arrivarono, talmente tante altre creature che a pensarci si fa persin fatica.
Ragni, mosche, larve, millepiedi, acari, pesciolini d’argento, blatte, formiche e vermi. Dalle forme più variegate, dai grigi di mille tonalità, dalle più proprie caratteristiche morfologiche adattate a quei territori aspri e crudi.
E questo fu solo il primo Mondo ad essere ridestato.
Sempre il sangue, impregnando i sottostanti cumuli di terra, diede vita ad una serie di altre infinite forme viventi.
Mondi privi d’aria e soffocanti per gli abitanti del regno di sopra, ma essenziali ai suoi nuovi inquilini.
Così da una vita persa, quella di Olaf, il demiurgo, ebbero origine talmente tanti esseri che sarebbe impossibili enunciarli tutti.
Ma non solo a questo si fermò la furia generatrice del nostro malcapitato personaggio.
Persino una quantità di Mondi di mezzo venne all’istante creata.
Olaf, il demiurgo, nella sua frenesia ispiratrice di vita, aveva generato un terremoto di genesi vitali che mai si sarebbe potuto prevedere.
Gli eventi vibrazionali seguenti misero in risonanza infiniti universi paralleli creati dalla sua oramai putrescente mente; in un lampo cosmi nuovi videro la luce.
Come quello delle creature Beretrici.
Tali insignificanti esseri fecero brulicare di attività milioni e milioni di pianeti sparsi in un universo vastissimo, molti direbbero addirittura infinito, fatto di almeno mille miliardi di miliardi di galassie.
La loro esistenza ebbe origine in un attimo di quel cosmo, che poi fu definito l’Attimo Zero, simultaneamente su qualche centinaio di mondi orbitanti intorno ad altrettante stelle.
Erano esseri monocordi, che vibravano all’unisono insieme al cosmo che li ospitava.
Ognuno dotato di una propria coscienza e di una propria identità, tutti insieme concorrevano alla “Grande Marcia” che li vedeva diffondersi e moltiplicarsi in ogni dove in maniera inarrestabile e continua.
Occorsero solo nemmeno un miliardo di anni perché il loro intero universo divenisse saturo della loro presenza, ma imperterriti non cessarono il processo di espansione, sino a che, tale universo, ormai incapace di contenerli ed anticipare la loro espansione cedette ed esplose in un’immane boato.
Fu il preludio di un’incessante procreazione di universi dalle più svariate, strambe e singolari caratteristiche.
Di sicuro quello che ebbe il suo momento di esistenza più significativo fu quello dei Bruchi Neri.
Si è ben inteso non buchi neri, ma Bruchi Neri.
Queste erano creature talmente piccine che anche un milione potevano stare sulla punta di uno spillo.
Il processo che decretò la loro nascita ebbe luogo circa mille miliardi di anni dopo la nascita del loro universo.
E la loro evoluzione e persistenza in tale cosmo forse si può considerare in non più di un millisecondo.
Ma erano creature portentose ed intelligentissime.
Capaci persino di dilatare la loro esistenza su e giù per il tempo ed alla fine risultò potessero esistere in uno spazio senza tempo che però li annichilò in un battibaleno a causa di una burrascosa tempesta temporale.
A sua volta tale evento ne generò altri che a loro volta diedero origine ad altri universi.
Ma a noi ne interessa uno in particolare che per la nostra stessa esistenza e stato esistenziale.
La creazione dell’universo Mombu.
Tale universo è ancora oggi ben presente.
Ha un’estensione infinita ed a ben vedere è un cosmo abbastanza consueto, molto simile al nostro, dove le leggi fisiche che lo governano sono abbastanza simili.
Senonché, sebbene lo scorrere del tempo ricalchi molto da vicino il nostro, i principi di causa ed effetto sono invertiti.
Mi spiegherò bene per intenderci come si deve.
In tal contesto si potrebbe considerare la mia intenzione di assestare un calcione come si conviene ad un grosso deretano.
Ovviamente ciò comporterebbe nel nostro universo una sensazione spiacevole e dolorosa per il povero malcapitato oggetto di tali mie attenzioni.
Ebbene nel cosmo Mombu se io potessi ritenermi responsabile di tale evento increscioso assisterei alla reazione di tormento della mia vittima ancor prima che la mia intenzione si palesasse e solo successivamente potrei prendere coscienza del rotear della mia gamba verso tal sedere.
Si può quindi ben immaginare la confusione generata da simile bailamme, per cui accade che mai si possa venir a capo di nulla.
E tutte le creature qui presenti hanno il loro bel da fare per condurre un’esistenza degna di questo nome, si pensi che mai un impudente è stato punito per ciò che ha commesso, dal momento che il danno cagionato sempre è avvenuto prima del misfatto.
Un casino come si deve davvero.
In fisica tale flusso di eventi viene definito come entropia invertita.
In quel luogo, al contrario di quanto avviene qui da noi, ogni cosa tende alla minima entropia.
Il risultato è il massimo disordine. Oppure il massimo ordine a dire il vero, dipende tutto dal punto di vista che si preferisce adottare.
Comunque, ciò che a noi interessa è il fatto che anche in tale universo fossero presenti oggetti stellari particolari, delle singolarità speciali, i buchi neri.
Essendo un universo talmente vasto da essere infinito, presentava un numero infinito di buchi neri, e siccome gli eventi si svolgevano secondo il principio invertito di causa ed effetto, alla sua origine tali buchi neri erano già tutti belli e pronti.
In ognuno di essi era presente oltretutto un intero universo ed il caso volle che uno di tali buchi neri contenesse proprio il nostro stesso universo!
Si capisce bene quindi quanto sia stato importante quanto accaduto al povero Olaf, il demiurgo.
Nell’evento tragico della sua fine era già contenuto la nostra rivendicazione di esistenza.
Olaf, il demiurgo, era stato per noi l’artefice primo, il sommo Creatore a cui ogni singolo atomo dell’universo in cui viviamo deve a lui la sua presenza.
Ebbene, si potrà pensare, ma in fondo cosa importa?
Perché tale fatto riveste una così somma importanza?
In fin dei conti da che mondo e mondo tutto è in perenne creazione ed annichilimento.
In ogni attimo di tempo ed anche in ogni attimo di assenza di tempo vengono generati infiniti universi.
Uno in più o in meno può fare la differenza?
Per noi stessi sicuramente sì.
Per noi medesimi, tutto ciò che ha portato alla nostra presenza è di somma ed infinita importanza.
E non solo questo.
Anche la qualità e dignità dell’esistenza che conduciamo è importantissima!
Ben si capirà quindi quanto possa essere stato fastidioso che alcuni fatti accadessero, in un modo che è assai difficile da comprendere, a scapito di altri che sebbene accaduti non si sono mai concretizzati nella nuova successione dei fatti.
Capisco benissimo che si possa essere ingenerata una certa confusione.
Sarà bene quindi illustrare per benino tutta quanta la questione.
Al di sopra del nostro piano di esistenza ne esistono molteplici altri.
In essi vivono tutta una serie di entità dotate chi più chi meno di propria volontà e discernimento.
Essendo poste su un piano dell’esistenza al di sopra del nostro, sono a noi superiori in variegati ed incomprensibili modi.
In ogni piano vi sono entità maligne o benevole, ma la stragrande maggioranza sono verso di noi totalmente indifferenti e la nostra misera vita è considerata semplicemente ne più che meno paragonabile a quella di un granello di polvere.
Ne consegue che se noi fossimo funzionali ad un qualche interesse che li riguardasse, verremmo usati per la soddisfazione ed il raggiungimento di tale scopo come fossimo foglie morte nel vento.
Mano a mano che si sale di livello, indifferenza e disinteresse per noi aumentano e considerazioni morali come bene e male sfumano sino a scomparire.
Tali entità sono da sempre state confuse e considerate da noi come divinità, dotate di valori esclusivamente umani.
Ogni volta invece che sono intervenute nel nostro processo evolutivo la conseguenza è stata sempre caos, disastri e dolore.
Se le cose fossero andate per l’universo e per noi piccoli ed insignificanti (per la grandezza del cosmo) esseri umani come avrebbero dovuto andare, ci avrebbe accolto un futuro radioso di espansione nella nostra galassia e poi in tutto l’universo. Un meraviglioso svolgersi di eventi, una crescita della nostra Anima, del nostro Spirito e, insieme a noi, di ogni altra creatura più o meno senziente in ogni stella del firmamento.
Ma in tale portentoso cammino risiedevano troppo equilibrio, armonia, benessere, creatività e bellezza.
Energie che troppo male si conciliavano con le esigenze nelle sfere di esistenza superiori alla nostra.
In cui principi e finalità a noi imperscrutabili esigevano un tributo di sangue immenso per noi, insignificante per loro.
E condizione indispensabile all’esistenza per ogni tipo di creatura ed entità di qualsiasi livello è poter disporre di una fonte cospicua di energia con cui sostentarsi.
Quindi non appena tali entità furono consapevoli della realizzazione di quanto da noi creato ed edificato, e dell’enorme opportunità che noi costituivamo dal punto di vista energetico, si adoperarono affinché la catena di eventi che aveva portato sino a quel punto tornasse indietro su sé stessa per poi alterarsi e modificarsi, adattandosi così alle loro esigenze.
Era indispensabile noi divenissimo funzionali alla soddisfazione delle loro necessità. In soldoni potessero trarre da noi il cibo di cui loro abbisognavano.
Tale processo a ritroso passò quindi per la nascita della singolarità che aveva generato il nostro universo uscendo dal buco nero nel cosmo dell’universo Mombu. Da lì si risalì a tutta la catena di eventi che aveva generato gli infiniti universi dopo la burrascosa tempesta temporale dell’universo dei Bruchi Neri.
Poi si ritornò indietro di mille miliardi di miliardi di anni e più su per tutti gli universi strambi e particolari generati dal boato dell’universo reso saturo dall’infinito procrearsi delle creature Beretrici.
Da qui ancora si risalì attraverso gli eventi vibrazionali seguiti alla risonanza di infiniti universi paralleli creati dalla putrescente mente di Olaf, il Demiurgo.
Quindi si percorse ancora a ritroso ogni singolo evento generatore di vita nei mondi al di sotto delle grate in cui precipitando a terra con il cranio fracassato Olaf, il demiurgo, perse la vita.
E qui, il quel preciso istante in cui il piede di porco penetrò come fosse burro la testa del malcapitato, venne eseguita un’azione del tutto insignificante e di poco conto.
Un atto talmente inosservabile che mai nessuno avrebbe potuto con sicurezza affermare fosse mai accaduto.
Un gesto di così di scarso effetto che smosse nell’aria solo alcuni piccolissimi ed invisibili atomi intorno al sangue che copioso fuoriusciva dalla testa e che andava ad inondare di vita i mondi sottostanti.
Ma tale esiguo, dappoco, irrisorio, marginale, trascurabile atto si ripercosse come un’onda di una influenza devastante in ogni universo, cosmo, realtà e piano dell’esistenza appena generato.
Tutto quanto sino al nostro universo, di nuovo, dove gli eventi che ebbero a generarsi dissolsero come fumo un futuro pieno e già realizzato. Generandone uno del tutto nuovo e di sicuro, per le superiori entità, magari poco dissimile, ma per noi angosciante e devastante.
E che futuro ci era stato scippato?
Come dicevo un futuro pieno, appagante e luminoso avevamo già realizzato.
Dopo centinaia di lunghi millenni di evoluzione avevamo raggiunto con fatica l’apice umano della nostra crescita fisica, tecnologica e sopratutto spirituale.
Fu un percorso arduo, costellato di sconfitte e di vittorie su noi stessi e sugli elementi del mondo esterno che con pazienza ci forgiarono.
Alla fine avevano raggiunto un tale equilibrio dentro noi stessi e il resto del creato che iniziammo una lenta espansione nell’universo.
Incontrammo specie di altri mondi che come noi avevano subito processi di crescita simili e con loro instaurammo sodalizi di muto progresso e beneficio.
L’intera nostra galassia pullulò della nostra vita e di quella delle altre creature che ci accompagnarono e dopo miliardi di anni addirittura ci spostammo di galassia in galassia.
Tutta questa pace, crescita e benessere accompagnava come un tutt’uno anima e corpo.
E così il nostro spirito ebbe modo di crescere di mondo in mondo e la nostra essenza, l’anima, acquisire quell’esperienzialità per cui era stata scissa dall’uno Creatore. Ebbe così modo di rispecchiarsi in esso ed in esso ritornare.
Un cammino sublime ed appagante.
Troppo a dire il vero per quelle entità dei piani superiori che avevano ben altre finalità che quelle della concretizzazione dei nostri bisogni…
Quindi esse agirono. E quel lieve smuovere di atomi nel mondo di Olaf, il demiurgo, ebbe sul nostro universo conseguenze inimmaginabili.
La nostra stessa evoluzione ne fu stravolta. Invece di subire un lento e progressivo cammino di crescita, ebbe brusche ed improvvise impennate che in poche migliaia di anni la portarono al punto che oggi noi conosciamo.
E come avvenne questo drastico meccanismo di crescita?
Non in modo naturale.
Infatti la catena di eventi che partì dal mondo di Olaf, il demiurgo, fece anche in modo che circa tredicimila anni fa si trovasse sul nostro mondo anche un’altra specie di creature dotate di intelligenza, di cui quasi la totalità di noi mai avrebbe sospettato l’esistenza. Esse, come fossero Dei creatori modificarono l’essenza stessa dell’uomo, attraverso manipolazioni del nostro corredo cromosomico e del nostro spirito.
Ma il loro scopo non fu quello di farci saltare centinaia di migliaia di anni evolutivi o quello di renderci migliori od efficienti.
Tutt’altro.
Nei loro piani vi era semplicemente l’intento di plasmare una specie fiera e promettente come la nostra per renderla mansueta, docile, servizievole e servile.
Il loro scopo fu quello di domesticarci.
Alla fine però sfuggimmo da quella condizione, di schiavi ed animali domestici quali eravamo divenuti, perché troppo numerosi.
Come conigli ci moltiplicammo per il mondo senza freni e senza quasi ostacoli grazie all’intelligenza che avevamo sviluppato anche grazie alle loro manipolazioni.
Ma non per questo fummo liberi e fuori dal loro controllo.
In modi che nemmeno possiamo supporre condizionarono e determinarono la nostra storia ed il nostro percorso su questo mondo.
Non esitarono ad utilizzare alcun mezzo, fosse cruento, creasse sofferenza, stenti e dolore. Per noi nutrirono mai alcuna empatia, anzi spesso mostrarono nei nostri confronti un sadico piacere nell’essere cagione di tanta sofferenza, reputandoci infimi ed inferiori. Semplicemente dovevamo essere asserviti ai loro intenti anche nelle condizioni più estreme ed inumane.
Avevano tollerato ci diffondessimo per il mondo senza troppe restrizioni e ci moltiplicassimo così tanto perché avevano bisogno raggiungessimo un certo grado di sviluppo tecnologico e scientifico, cosa possibile solo con una certa massa critica.
Negli ultimi decenni avevano aumentato i loro contributi diretti in tali discipline, ormai erano molto vicini a ciò che a loro serviva.
Ed erano quindi state fate scelte opportune.
In realtà noi esseri umani non eravamo mai stati a loro indispensabili assolutamente.
Questi esseri erano stati esiliati dal loro mondo per divergenze radicali con gli altri della loro specie, fatto che li aveva portati ad un confronto diretto anche cruento.
Gli era stato consentito pure di spostarsi con relativa facilità all’interno di questo sistema stellare, ma gli strumenti tecnologici di cui erano stati forniti non avevano una durata eterna e come era ovvio richiedevano manutenzione.
E con il tempo molti dispositivi non furono più utilizzabili.
Inoltre erano dotati di una caratteristica per noi invidiabile. Ogni loro vita infatti poteva durare persino diverse migliaia di anni, anche in assenza della loro tecnologia.
Invece per lo sviluppo delle caratteristiche umane avevano alla fine deciso che le nostre vite non avrebbero potuto superare il centinaio di anni. Inizialmente non era stato sempre così, ma poi timorosi che potessimo rivoltarci contro di loro, a volte era persino accaduto, limitarono di molto la durata della nostra esistenza.
Molti di noi con gli anni acquisirono quelle competenze e quelle abilità, anche contro i loro desideri, che erano loro proprie, questo fatto li fece infuriare a tal punto che per poco non fu decretata la nostra estinzione.
Ora avevamo raggiunto quello sviluppo tecnico per permettere di ripristinare molti dei loro dispositivi, ed in fondo quindi non eravamo più così necessari. Per lo meno non nel numero attuale…
Quindi quel grande futuro pronto ad accoglierci, già realizzato nel ramo di realtà che sarebbe a noi spettato, fu semplicemente cancellato.
E noi miseri esseri umani ci ritrovammo nella condizione di essere parassitati nell’anima e nella nostra vita.
Nell’anima ad opera di quelle entità supreme che per il raggiungimento dei loro scopi per lo più incomprensibili avevano cambiato la catena della creazione di così tanti universi.
Nella conduzione della nostra esistenza da quegli esseri alieni che ancora vivono tra noi e che così condizionano le nostre vite ancora nel mondo odierno.
A quello che ci è dato sapere la nostra anima è utilizzata proprio come fosse una sorta di batteria dalle entità dei piani superiori che, grazie alle emozioni che vengono sprigionate all’interno del nostro spirito, quasi esclusivamente quelle negative, si approvvigionano di energia vitale.
E pure le nostre esistenze materiali sono esclusivamente funzionali agli intenti di una specie per noi matrigna che però non sa che a sua volta è solo uno strumento atto generare quel contesto indispensabile ai livelli di esistenza superiori per parassitarci.
Non era questo di certo il nostro radioso futuro.
Ora purtroppo lo è divenuto.
In questo oceano di dolore però, vi è una piccola increspatura di minuscola positività. Almeno per tutti noi che siamo qui presenti in questo momento.
Difatti le nostre singole individualità presenti ora in questo nuovo scenario, in quello che avrebbe dovuto essere un radioso futuro non sarebbero mai esistite.
Vi sarebbero state altre vite, altre esistenze, ma non le nostre di oggi.
Quel cordoglio che proviamo per tutte quelle anime che avrebbero vissuto in quell’universo che più non è, è in effetti cancellato dalla consapevolezza che tutto ciò ha permesso a noi singolarmente di esistere.
Forse una vita non appagante e piena come quella dei nostri contraltari, ma pur sempre una nostra vita che forse possiamo cercare di affrancare dalla schiavitù che ci sovrasta.
Di conseguenza un unico fatto è qui certo ora.
Noi siamo qui, in questo mondo ed in questo stesso momento, e qui conduciamo le nostre vite.
In questo piccolo ed insignificante Mondo di mezzo.

Sabato, 22 Luglio, 2023

Sincronicità e coincidenze.

Esperimento.jpg

Oggi in riferimento ad una sincronicità, o meglio ad una coincidenza, grazie ad un commento fattomi con lo scopo di dare un senso a quanto accadutomi ho ripercorso in un attimo il cammino interiore durato in verità qualche decennio.
Un tempo avevo una visione direi forse meccanicistica, o quantomeno molto legata ad una visione “neuroscentifica” dell’universo mentale.
Il concetto in merito alla sincronicità era più legato ad aspetti contingenti di modalità del funzionamento degli organi percettivi ed elaborativi del sistema nervoso.
Per cui, siccome l’essere umano ha dovuto adattarsi ad un ambiente potenzialmente pericoloso, oltretutto non essendo nemmeno dotato di caratteri fisici che lo potessero proteggere adeguatamente (non aveva grosse zanne, unghie affilate, potenza muscolare, aveva una pelle fragile e sottile, non correva veloce, non si arrampicava velocemente, …) sviluppò alcune funzioni mentali che lo portarono ad avvantaggiarsi di alcuni contesti.
Come ad esempio la capacità di cogliere aspetti simili di circostanze diverse.
Quindi ora si ritiene che tale facoltà si sia affinata ulteriormente con il tempo permettendoci di fare collegamenti mentali prima impensabili.
E questo permette che colleghiamo quanto osserviamo nel mondo e ci faccia cogliere in maniera utile le “coincidenze”.
Ancora quindi, a seconda del nostro vissuto, saremmo più propensi a collegare alcuni fatti piuttosto che collegarne altri.
Per cui può capitare che siccome un giorno abbaiamo con un amico parlato di un incidente sul lavoro, la nostra coscienza sarà più propensa a cogliere nel mondo esterno ogni riferimento che in quella giornata si verificherà su questo argomento, inducendoci a cogliere eventi che altrimenti sarebbero passati del tutto inosservati.
Oppure ancora per fare un altro esempio, se capitasse mi fratturassi un dito sarei più propenso a vedere nel mondo ogni riferimento a dita spezzate, cosa che non avrei mai notato prima.
Quindi la coincidenza non sarebbe altro che l’attività esercitata dal mio cervello atta a collegare fatti secondi certi criteri.
Farti che sarebbero stati presenti comunque, anche senza questo tipo di elaborazione.
E la sincronicità non sarebbe stato altro che appunto questa peculiare caratteristica di fare associazioni.Queste considerazioni presuppongono una realtà oggettiva.
Inoltre presuppongono un motore che organizza l’ordine dell’universo in modo esterno a noi.
Come un gigantesco orologio universale che batte i secondi e noi ci lasciamo rapire solo da alcuni di essi.
Come dicevo negli ultimi vent’anni in verità ho maturato lentamente un convincimento diverso.
Siamo sicuri che l’orologio, questo motore di realtà oggettive esterno a noi sia davvero esterno?
Senza ripercorrere l’intero cammino che mi ha portato a dubitare di tale visione, ripercorrerò solo alcuni tratti essenziali.
Nell’ultima parte del 1800 era in corso un acceso dibattito in ambito della fisica per dare definizioni precise e concrete della realtà.
Come potevamo definire le cose che ci circondavano? O meglio, per calarsi nella visione di quel periodo, cosa poteva definirsi materia?
Ed ancora, cosa poteva definirsi energia?
Beh, si era arrivata ad una serie di risultati definiti che avendo come base la matematica e le leggi dell’elettromagnetismo, avevano permesso di delineare dei profili precisi.
In particolare nel dominio atomico si poteva contare sul fatto che alcune particelle fossero sicuramente materia (neutroni, protoni, …), cioè avessero natura corpuscolare, ed altre rientrassero nel dominio dell’energia, come ad esempio i fotoni, la cui forma energetica era costituita da una natura oscillatoria ed ondulatoria e non certo da una corpuscolare.
Quindi mentre le particelle di materia come i protoni si muovevano secondo traiettorie diritte nello spazio, le altre come i fotoni oscillavano su e giù per dirigersi sino ad una meta stabilita.

Materia_ed_Energia.png

Quindi per riassumere il movimento ondulatorio era tipico dell’energia, quello lineare era tipico della materia.
Si cominciarono quindi a fare degli esperimenti.
Da principio si prese una sorgente che emettesse particelle come gli elettroni, che si supponeva avessero natura corpuscolare.
A metà cammino si inseriva una lastra metallica con una sottile feritoia per far passare pochissimi elettroni se non addirittura singoli elettroni.
Oltre questa si poneva una lastra fotografica per fare in modo che gli elettroni colpendola imprimessero la pellicola per poi vedere cosa era contenuto in quella fotografia.
Si vide allora che gli elettroni che passavano la feritoia andavano tutti a colpire la lastra fotografica proprio come fossero stati proiettili, proiettili che viaggiavano in linea retta dalla fonte, attraversavano la feritoia e riproducevano sulla pellicola fotografica la stessa linea presente nella lastra posizionata a metà strada.
Era un po’ come se si fosse dei cecchini e si cercasse di far passare i proiettili attraverso la feritoia per poi colpire la lastra fotografica. Ovviamente sarebbero andati ad incidere la pellicola solo quelli sparati che attraversavano la feritoia in linea retta, tutti gli altri sarebbero rimbalzati sulla lastra di metallo.
Nelle osservazioni sperimentali si vide che accadeva proprio cosi.
Il disegno che si formava sulla pellicola era una linea verticale in corrispondenza della feritoia.
Quindi fu decretato che sicuramente gli elettroni avevano natura corpuscolare perché si comportavano come proiettili.
E invece come si poteva mostrare la natura ondulatoria dei fotoni?
Si pensò allora che siccome i fotoni avendo appunto una natura ondulatoria che li faceva oscillare su e giù, si avrebbero potuto realizzare due feritoie invece di una e poi andare a vedere il disegno che si formava sulla pellicola.
Infatti a seconda di come i fotoni si sarebbero incontrati al momento in cui avrebbero impattato sulla lastra fotografica avrebbero dovuto formare bande più chiare intercalate da bande più scure.
Questo perché se due fotoni si incontravano quando erano tutti sulla cresta di un’onda le loro energie si sarebbero sommate, mentre se si fossero incontrati uno con la cresta in alto e l’altro con quella in basso le energie si sarebbero annullate. Alla fine l’oscillazione creava proprio bande più chiare vicino a bande più scure.
Esattamente a quanto accade nelle onde di uno stagno se vengono lanciate insieme due pietre in due punti diversi dello stagno. L’impatto delle pietre genererà due serie di onde concentriche che si scontreranno. Nei punti in cui saranno sincronizzate l’onda aumenterà, mentre in quei punti in cui le onde saranno opposte l’onda risultante sarà nulla.
Tali disegni sulle pellicola prendevano il nome di bande di interferenza.
Poi qualcuno ebbe la bella idea di vedere cosa sarebbe successo se invece dei fotoni nell’esperimento della doppia fenditura si fossero usati gli elettroni.
Beh, il risultato avrebbe dovuto essere scontato.
Gli elettroni invece di creare delle bande di interferenze ovviamente avrebbero dovuto imprimere sulla pellicola due belle bande verticali e parallele esattamente allo stesso modo in cui erano state realizzate le due feritoie sulla lastra posta lungo il percorso.
La cosa che lasciò perplessi gli sperimentatori fu che invece in tale esperimento gli elettroni si comportavano esattamente allo stesso modo degli elettroni. Cosa che entrava chiaramente in conflitto con la concezione che si aveva della materia e dell’energia.
Siccome sperimentalmente non ne venivano a capo si fecero una moltitudine incredibile di altri esperimenti.
Per capire meglio il fenomeno si decise allora di vedere che accadeva in ogni punto possibile della traiettoria seguita dagli elettroni.
E qui ebbe luogo un fatto che sconvolse veramente gli sperimentatori.
Infatti ogniqualvolta si cercava di studiare gli elettroni in un punto qualsiasi della traiettoria, come per magia gli elettroni invece di comportarsi come si verificava in assenza di intervento improvvisamente diventavano tutti dei bravi proiettili che andavano ad incidere la lastra fotografica con due belle feritoie parallele!!!
Era come se capissero che siccome li si voleva studiare si sarebbero comportati come ci si sarebbe aspettato.
E questo succedeva ogni volta, ma proprio ogni volta.
Se non li si studiava si comportavano come energia, ma se si osava solo vedere cosa facessero allora avevano un comportamento da materia.
Alla fine si decise di affermare che le particelle hanno una doppia natura.
Cioè possono godere di una natura ondulatoria, ma questa può essere fatta collassare in una natura corpuscolare.
Il famoso collassamento della funzione d’onda, in cui una particella collassa ad un determinato stato.
Queste osservazioni ebbero conseguenze per i decenni a venire sino ai nostri giorni.
Infatti questo dimostrò almeno inizialmente che lo sperimentatore è in grado di influenzare l’esperimento.
Cioè, se decide appunto di fare delle verifiche questo implica un diretto cambiamento dell’esperimento stesso.
La cosa messa in questi termini potrebbe avere delle implicazioni immense.
Difatti può dirsi che, anche da questi fatti, si svilupparono concezioni e movimenti di pensiero a cavallo tra fisica e filosofia.
L’intenzione è in grado di modificare la realtà.
E si badi bene non un’azione, ma semplicemente un’intenzione.
In verità vi è da dire che gran parte del mondo accademico si schierò sin da subito verso questa interpretazione.
Venne infatti spiegato che probabilmente lo sperimentatore attua un qualche tipo di procedura, anche utilizzando i propri strumenti d’indagine, per cui il risultato viene alterato e la funzione d’onda collassa.
Ma non ho mai letto di nessuna spiegazione plausibile del come fattivamente questo accada.
E a questo proposito vorrei fare un paio di osservazioni.
La prima riguarda la natura intrinseca di ciò che viene preso in esame.
Causare un cambiamento così sostanziale come avviene attraverso il far collassare la funzione d’onda non mi appare concettualmente una cosa così semplice come invece accade.
La seconda ha a che fare con i numerosissimi esperimenti che si sono succeduti sino ad oggi nel tentativo di dare spiegazione al fenomeno.
Ebbene, non mi dilungherò ad entrare nel dettaglio lasciandolo alla libera ricerca di chi legge, utilizzando in maniera opportuna tutta una serie di specchi che avevano lo scopo di riflettere e rifrangere il raggio di elettroni al fine di procrastinare il momento in cui lo sperimentatore decide o meno di entrare nell’esperimento che conduce, si è appurato che è proprio la “decisione” dello sperimentatore a far cambiare l’esito dell’esperimento.
Quello che è accaduto, anche in questo caso cosa sorprendente, è che facendo in modo che la decisione fosse presa già ad esperimento concluso, il risultato dell’esperimento differiva a seconda della decisione presa dallo sperimentatore quando già l’esperimento stesso si poteva definire concluso.
Cioè se lo scienziato decideva di intervenire allora si aveva un esito, altrimenti un altro e questo dopo che l’esperimento era finito.
Non è incredibile?
Fantascienza?
Eppure è tutto vero.
Questo fatto incredibile ha generato poi tutta una serie di teorie su una particella ipotetica e che forse appunto nemmeno esiste per spiegare il fenomeno, la particella tachionica associata al flusso temporale.

Tornando quindi all’origine del mio ragionare, sincronicità e coincidenze, forse a questo punto la spiegazione più plausibile che mi sono formato nel corso degli anni è stata quella che la nostra volontà concorra attivamente alla formazione della realtà, da ciò seguirebbe a cascata, la creazione di tutti quei fenomeni che chiamiamo coincidenze e che invece sarebbero solo dei sincronismi della nostra mente.
Gli esperimenti che sopra ho esposto sono solo una piccola parte della galassia di informazioni che ho appreso e che hanno fatto in modo di portarmi a tali conclusioni.
Al momento attuale del mio percorso personale di ricerca, mi sembra senza dubbio la razionalizzazione più plausibile.

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Giovedì, 20 Luglio, 2023

La nostra coscienza.

Cervello.jpg

Noi, siamo veramente noi?

Qualche giorno fa ho spiegato come io pensi che il nostro cervello sia in realtà un organo molto potente ma con funzioni specifiche deputato sopratutto al controllo del corpo ed a fungere come una sorte di antenna che ci pone in collegamento con un Mondo “altro” nel quale risiederebbe la nostra vera consapevolezza, o come molti direbbero anima.
Perché sono giunto a tali conclusioni?
Nel corso degli anni ho sempre approfondito conoscenze tematiche in materia di biologia, psicologia, esperimentazione e molto altro. Argomenti che molto semplicemente mi hanno sempre affascinato.
Leggendo quindi moltissimi resoconti che tentavano di spiegare il funzionamento del cervello mi sono fatto un’idea precisa su alcuni concetti.
Parlo per iniziare dagli esperimenti di Libet che scoprì, attraverso l’encefaloelettrografia (EEG), che il cervello dei pazienti esibiva un’attività particolare e riconoscibile già molti millisecondi prima che la decisione diventasse cosciente.
Il cervello, insomma, agiva prima che la coscienza ne fosse informata.
In seguito altri studiosi arrivarono a conclusioni assai simili come nel 2011 lo studioso israeliano Itzhak Fried che pubblicò sulla rivista “Neuron” una ricerca che riaprì le polemiche sul rapporto fra le neuroscienze e il concetto di libero arbitrio. Fried realizzò diversi studi in sala operatoria mentre erano eseguite operazioni a cranio aperto su una dozzina di pazienti coscienti, affetti da forme intrattabili di epilessia. Misurò così l’attività di singoli neuroni mentre i pazienti replicavano l’esperimento che rese celebre il neuroscienziato statunitense Benjamin Libet negli anni Ottanta. In tali esperimenti i pazienti dovevano decidere quando premere un tasto. Dopo aver azionato il tasto, i pazienti dovevano dire, avvalendosi di un orologio le cui lancette si muovevano molto rapidamente, in quale momento avevano preso la decisione di muovere il dito. Libet scoprì così appunto, che il cervello dei pazienti esibiva un’attività particolare e riconoscibile già molti millisecondi prima che la decisione diventasse cosciente. Gli studi neurofisiologici di Fried confermano i risultati di Libet e individuarono nell’area motoria supplementare (SMA) la regione dove si formerebbe l’intenzione di compiere un movimento volontario. Fried e colleghi furono così in grado di usare le registrazioni dell’attività neuronale per predire il momento esatto in cui il soggetto diventava cosciente della sua decisione e, nel caso in cui ai soggetti fosse lasciata la libertà di scegliere se muovere la mano destra o quella sinistra, quale mano avrebbero mosso. L’accuratezza di queste previsioni fu estremamente elevata.
A tali studi ne seguirono molti altri quasi tutti a suffragio di tale conclusione.
E molti neuroscienziati non sono mai riusciti però ad accettare quanto evidenziato. Risulta molto difficile digerire il fatto che Il cervello può agire prima che la coscienza ne sia informata.
Ma a quanto pare così è.
La diatriba sorta in merito a questi esperimenti risultò estremamente accesa.
Allora l’uomo non è affatto dotato di libero arbitrio?
Riflettendo su queste conclusioni e combinandole con molti altri studi ed articoli sul funzionamento del cosmo, sulla sua frattalità e su molti altri argomenti, sono arrivato a due possibili spiegazioni che potrebbero essere alla base del fatto che la coscienza risulti esclusa dall’intenzione di procedere ad una azione qualsiasi.
Infatti a seguito di quanto sopra descritto molti studiosi sono arrivati alla conclusione che (si veda lo studio pubblicato su “Psychological Science”, a nome degli autori Adam Bear e Paul Bloom) forse, nel preciso momento in cui sperimentiamo una scelta, la nostra mente sta riscrivendo la storia, inducendoci a pensare che questa scelta, che è stata effettivamente completata dopo che le sue conseguenze sono state percepite inconsciamente, sia stata una scelta che avevamo fatto fin dall’inizio.
Cioè la coscienza ingannerebbe sé stessa nel tentativo di non perdere la sua identità.

Ed ecco invece come io penso possano andare le cose attraverso queste due visioni, che non è affatto detto debbano essere viste in contrapposizione, perché potrebbero anche coesistere ed integrarsi benissimo.

La prima come ho più volte affermato potrebbe essere che la nostra coscienza non sia altro che una “caratteristica” che emerge da un substrato sottostante che l’ha generata.
Mi spiego meglio.
Il nostro cervello è costituito da un numero impressionante di programmi e funzioni che lo sostengono e che gli permettono di gestire tutte le attività biologiche del corpo, oltre a organizzare, catalogare per poi estrapolare ed adattare ad i più diversi e variegati scenari, un numero incredibile di informazioni provenienti sia dal mondo esterno che da quello interno.
Che poi, a ben vedere, quest’ultimo mondo, è il solo che conta per l’elaborazione di tutte le informazioni.
Tutte queste funzioni e tutti questi programmi lavorano insieme sinergicamente.
Inoltre sono collocati su livelli gerarchici diversi che spessissimo, tanto per complicare le cose, interagiscono gli uni con gli altri persino su livelli molto distanti. Il tutto coordinato attraverso segnali neurochimici, ormonali, elettrici ed addirittura ottici, che attraverso delle sorte particolari di fibre ottiche viaggerebbero in tutto il corpo.
In tale visione dalla complessità di tutta questa organizzazione è emersa la nostra coscienza come “programma” nuovo, forse non voluto, che non ha consapevolezza di tutto quanto gli sta sotto.
In un certo senso nemmeno “il tutto quanto gli sta sotto” sa cosa stia sostenendo e che per di più che sopra di esso vi sia una coscienza.
Quindi semplicemente “tutto quanto sta sotto” prenderebbe le decisioni, ad esempio alzare un braccio, e la coscienza farebbe suo il proposito di alzare il braccio, nella convinzione di averlo deciso lei stessa.
In tale scenario alcuni sostengono persino che vi sia una sorte di super-coscienza che deciderebbe ogni cosa che ci riguarda e comunichi alcune decisioni prese a quella che riteniamo coscienza e gli faccia credere di proposito che tali decisioni siano state prese da essa.
Quindi la coscienza non sarebbe altro che uno strumento nelle mani di questa nostra super-coscienza che in realtà costituisce la nostra essenza.
Ad acclarare tale ipotesi sono stati avanzati alcuni studi effettuati su pazienti schizofrenici in grado di generare diverse coscienze nello stesso individuo molto compartimentate, in cui le uno non sono in nessun modo consapevoli della presenza delle altre. Ed in cui alcune “personalità” avrebbero più competenze e gestione sull’intero individuo rispetto ad altre invece più escluse dal poter fruire ad esempio di un controllo del corpo.

La seconda visione è per me sicuramente più attinente al reale funzionamento delle cose. Nel senso che mi sembra più armoniosa e onnicomprensiva.
Il ritardo che intercorre tra un’azione e l’intenzione di eseguirla, che è poi la presa di consapevolezza da parte di ciò che riteniamo sia la nostra coscienza, avviene semplicemente perché queste istruzioni ed informazioni provengono da un posto “altro” rispetto a noi.
Vi sono all’interno del nostro cervello moltissimi elementi che farebbero ricondurre la sua attività al funzionamento di una antenna.
Uno di questi è costituito sicuramente dalla ghiandola Pineale che ha addirittura caratteristiche piezoelettriche che la porterebbero a vibrare come un cristallo (in uno stato morfologico particolare denominato fase monocristallina).
Non voglio affrontare in questo contesto il funzionamento della ghiandola Pineale che sicuramente farò in un articolo successivo, quello che qui però voglio rimarcare e la presenza di molti fattori presenti nell’organo cervello che farebbero pensare funzioni anche come antenna, come ad esempio l’utilizzo di canali ionici all’interno dei neuroni che funzionerebbero con principi quantistici che sembrerebbero essere realizzati per trasmettere informazioni più che per ritenere informazioni. Esattamente a quanto accade in alcuni tipi di giunzione in transistor realizzati allo scopo specifico di essere dei trasmettitori.
Quindi il nostro corpo, il nostro stesso cervello semplicemente degli strumenti, molti direbbero, della nostra anima.
E qui mi ricollego ad un altro tema a me molto caro.
Il tentativo in atto per fare in modo di realizzare la visione distopica da parte di alcuni pazzi narcisocentrici di eliminare la nostra connessione con l’universo per lasciare un guscio vuoto, quasi senza alcuna coscienza a vagare per le terre desolate di quello che vorrebbero obbligarci a considerare il nostro mondo.

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Mercoledì, 19 Luglio, 2023

Briciole nel bosco.

Bimbo_Imprigionato.jpg
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Oggi, come accaduto altre volte in questi ultimi anni, ho di nuovo visto come sia profondo il mare.
Spesso è la bellezza che accompagna questa visione.
Invece oggi come compagno di viaggio ho trovato solo l’orrore.
Ascoltando uno streaming di una trasmissione che ogni tanto seguo e di cui propongo l’ascolto tramite link qui sotto, ho avuto notizia del numero di bambini scomparsi nel 2022.
Più di duecentocinquantamila in tutta Europa, in Italia poco più di dodicimila.
Ma ci si rende conto di che numero enorme sia?
Fermati solo un attimo a rifletterci sopra!
E questa e solo la punta dell’iceberg per ovvie motivazioni che vanno dall’omertà all’impossibilità di venirne a conoscenza perché la stragrande maggioranza dei nuclei familiari cosiddetti fragili costituiti per lo più da immigrati clandestini non denuncia la scomparsa. Spesso anche perché vengono considerati allontanamento volontari quando invece non hanno proprio nulla di volontario.
È un teatro decisamente doloroso.
Ogni volta che ne parlo ho enormi difficoltà ad esporre i fatti.
Le motivazioni delle cosiddette scomparse?
Pedofilia.
Espianto degli organi.
Rituali di sangue.
In ogni caso la quasi totalità dei casi prevede come epilogo la soppressione di una giovane vita.
Ma la cosa davvero che sconvolge, come se quanto sopra non bastasse, è la connivenza e la complicità di moltissimi soggetti, molti dei quali avrebbero dovuto vigilare sul minore.
Forze dell’ordine. Servizi socio assistenziali. Magistrati. Persino servizi segreti.
In Italia forse andrebbe meglio che in altri paesi decisamente più compromessi e quindi con un numero percentuale di scomparsi nettamente superiore come la Francia.
Spesso accade che persino le forze dell’ordine, o l’Interpol o altro organi di indagine siano fermati nella loro azione dai massimi livelli istituzionali tanto è oramai compromesso l’ordine delle cose.
Troppo marciume.
Sudiciume.
Insensibilità.
Superficialità nel migliore dei casi.
Vera complicità negli altri.
Lo affermo da tanto tempo ormai.
Il mondo è così perché noi lo permettiamo.
Molto o quasi tutto dipenderebbe da noi.
E non agire dovrebbe creare sensi di colpa paragonabili alla pratica della connivenza.

Per favore, davvero, guardate il servizio e poi condividetelo il più possibile.

Il video è fruibile al seguente indirizzo:
Bambini Scomparsi

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La Profezia di Nietzsche in Zarathustra

Zoroaster_1.jpg
Immagine “religiosa” di Zarathuštra di epoca moderna

“L’Ultima generazione Umana è senza Anima.”

Vi sono aspetti nella vita dell’Uomo che possono ricondurre all’infinito.
Di sicuro la concezione dell’Anima costituisce proprio uno di tali aspetti.
Da molti è pensato che l’Anima sia essenzialmente un costrutto mentale. Una finzione. Un’idea venutasi a formare come conseguenza naturale dell’aspirazione dell’umano al divino.
Ovviamente da parte di quell’umanità che rigetta l’idea di un Dio è semplicissimo abbracciare tale visione.
Ma esiste veramente l’Anima?
Io personalmente mi sono fatto una certa idea nel corso di tutti questi anni.
Ritengo che quella che noi pensiamo come estrema complessità di funzionamento e strutturazione del cervello non sia poi una visione così corrispondente al reale.
Penso che la nostra mente, la nostra stessa coscienza, per poter funzionare abbiano bisogno di un fattore di complessità ben maggiore.
Questa mia visione, insieme a molte cose che ho appreso da numerosi e diversi studi scientifici avvenuti negli ultimi anni, mi hanno spinto a ritenere che il cervello sia solo un ottimo strumento di connessione. Un’antenna. Che poi in base alle informazioni ricevute realizzi tutta una serie di compiti in maniera efficiente e puntuale.
Un organo, null’altro che un organo ricettivo ed attuatore. Meraviglioso e sì complesso nella sua strutturazione, ma essenzialmente solo un’antenna fornita di una parte funzionale specifica.
E questo collegamento avverrebbe verso un non-luogo in cui è presente la nostra vera essenza. Che forse molti avrebbero ragione a ritenere Anima.
Ma se tale mia visione risultasse corretta, forse verrebbe anche da pensare alla possibilità che il nostro corpo fisico possa essere disconnesso dalla sua Anima.
O meglio viceversa che l’Anima si possa scollegare dalla propria emanazione fisica.
E non verrebbe forse oggi da pensare che proprio questo stia accadendo?
Che vi siano così forze oscure e maligne nei confronti dell’Umanità tutta da volere la sua disgregazione?
Persino Nietzsche così tanti anni prima di oggi aveva presagito tale possibile epilogo.
Quando scrisse proprio: “Così parlò Zarathustra” ed affermò che l’ultima generazione Umana è senza Anima.
Proprio una rappresentazione recitata in un video da un grande attore, Francesco Brugnoni, mi ha così sconvolto da farmi scrivere un romanzo “Il Penultimo Uomo.”
Un video di cui consiglio la visione. E non solo una volta.
Una recitazione talmente coinvolgente da creare turbamento.
La Profezia di Nietzsche in Zarathustra
“L’ Ultima generazione Umana è senza Anima”

Il video è fruibile al seguente indirizzo:
La Profezia di Nietzsche in Zarathustra

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Lunedì, 17 Luglio, 2023

Il Coraggio.

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Il Mondo oggi, tutto il nostro Mondo ha bisogno di eroi.

Eroi per gli uomini.

E’ quantomeno controverso pensare ai Titani, esseri primordiali precedenti agli Dei dell’Olimpo, come ad eroi per noi piccoli esseri umani.
Ma ve ne sono due in particolare che immolandosi hanno permesso all’umanità di ergersi e poi sopportare il peso del creato.
Prometeo e Atlante, due coraggiosi eroi che sacrificarono la propria esistenza per rendere l’uomo libero dall’influenza di Dei dispotici ed egoisti, e che persero in tale tentativo.
Prometeo che rubò il fuoco agli Dei per donarlo agli uomini. Il fuoco della conoscenza. Per questo si narra che Zeus, furente, fece sprofondare il titano negli abissi al centro della Terra, in un tremendo terremoto. Un’aquila, mandata sempre da Zeus, infliggerà per l’eternità a Prometeo un atroce supplizio, rodendogli il fegato.
Atlante che lottò per sconfiggere sempre la supremazia degli Dei e fu condannato a sostenere sulle sue sole spalle il Mondo. Un peso che è il peso dell’umanità tutta.
Cosa hanno a che fare questi miti con il coraggio?
Lo stesso rapporto che hanno avuto nella loro vita le protagoniste di queste due storie.

Gilda e Soledad.

Gilda aveva appena il mese scorso compiuto sessant’anni.
Gilda non ricordava quasi nulla della sua vita.
Gilda aveva vissuta almeno metà della sua vita come immersa in una fitta nebbia di cui a livello cosciente non aveva ricordi significativi.
Gilda aveva auto un padre, di origine turca. Dispotico maschilista ed estremamente autoritario. Non le aveva permesso di condurre una vita come quella che tutte le ragazze della sua età conducevano. Non era mai andata a ballare, non aveva mai fatto una vacanza, persino al cinema le pochissime volte che vi si era recata erano state esclusivamente in compagnia dei suoi genitori.
Gilda aveva avuto anche una madre. Che in lei non aveva lasciato alcun sentimento positivo. Una donna passiva e remissiva, totalmente assoggetta ai voleri del marito.
Gilda non aveva neppure potuto scegliere il compagno della sua vita. Questo le era stato imposto dal padre. Ma era stata molto fortunata. Come marito il destino le aveva serbato un bellissimo, alto più di un metro e ottanta, turco di provenienza armena. Una pelle ambrata e luminosa, una mente gentile e sveglia accompagnata da un corpo atletico.
Gilda aveva vissuto il suo matrimonio con ardore e passione. Il marito aveva capito sin da subito i problemi esistenti tra la sua compagna e la famiglia di origine ed aveva fatto in modo che non vi fossero indebite interferenze nella vita di lei, arrivando anche a fare in modo di trasferirsi lontano dai suoceri. Il padre per tutta risposta sentendosi tradito aveva reciso ogni rapporto con loro.
Gilda visse quei quindici anni di matrimonio con riconoscenza, sentendosi finalmente viva e degna di condurre un’esistenza appagante.
Gilda ebbe in dono da quel matrimonio due meravigliosi figli, un maschietto dagli occhi neri come il padre ed una figlia che sembrava proprio lei bambina.
Gilda al compimento del quattordicesimo anno del figlio perse quel compagno che l’aveva emancipata alla vita. Un terribile incidente in moto le portò via in un attimo colui che aveva amato così tanto. Fu un giorno funesto e terribile da cui non riuscì più a riprendersi nell’anima. Riuscì a tirare su entrambi i suoi ragazzi con devozione e sacrificio, ma non ebbe mai più una vita sua come non l’aveva avuta prima del matrimonio.
Gilda quasi cinquantenne fu oggetto di un’altra terribile tragedia. La perdita del figlio. Un incidente futile, banale ed inutile. Causato da una semplice caduta che non avrebbe compromesso minimamente quella vita se non fosse stato presente uno spigolo di un gradino di marmo che gli fracasso la scatola cranica, facendolo morire dissanguato.
Gilda ora invece si trovava in ospedale.
Gilda aveva accompagnato l’unico frutto della sua vita ancora rimastele, l’amata figlia, per un ricovero nel quasi vano tentativo di salvarla da una brutta malattia tumorale. Sapevano entrambe, madre e figlia, che le speranze erano davvero contenute, ma la madre proprio non voleva arrendersi all’idea di perdere quell’ultimo legame che la teneva ancorata alla vita. La figlia era incinta all’ultimo mese di gravidanza. Era stata abbandonata dal compagno che assolutamente non voleva riconoscere la paternità del nascituro.
Gilda ora era terrorizzata alla sola idea di perdere entrambi.
Gilda con una forza che mai avrebbe pensato di avere accompagnò la figlia sino all’ultimo istante in cui un ansimo finale spezzo la sua giovine vita. Lasciandola sola con una minuscola bimba appena salvata a cui dette il nome di Elpide (Speranza).
Gilda, il cui significato del nome fu destino per la sua vita: Sacrificio.
Un sacrificio frutto del coraggio di rimanere in vita.

La storia di Soledad può invece essere vista in contrapposizione con tale visione.
Soledad a ben guardarla non dimostrava per nulla i suoi anni. La si poteva collocare in un’età compresa tra i venticinque ed i trent’anni. In verità ne aveva quasi quaranta.
Anche Soledad non aveva avuto un’infanzia felice. Era stata abbandonata piccina di soli tre anni e data poi in affido. Sbattuta da una famiglia all’altra. Sempre con mille problemi e difficoltà.
Tutto si poteva dire di Soledad, ma non che fosse un tipo esuberante e gioioso, pronto a cogliere ogni aspetto positivo possibile che la vita potesse avere in serbo per lei. Aveva sempre comunicato spensieratezza ed allegria in qualunque contesto fosse stata inserita.
Quanto amava la vita Soledad. La amava come fosse stato un dono raro prezioso.
Soledad verso i quindici anni era stata ospite di un convento di suore dedite all’assistenza ed alla cura degli indigenti. Non era un ambiente propriamente sereno e spensierato. Era invece carico di sensi di colpa e senso del dovere, a cui era obbligo votarsi incondizionatamente. La madre superiore aveva fatto di tutto per convincerla ad entrare a far parte della comunità. Lei però era sempre stata insofferente verso obblighi, autorità e costrizioni. Amava davvero molto il mondo ed aiutare gli altri, ma aveva anche bisogno dei suoi spazi e tempo da dedicare tutto a sé stessa.
Soledad era riuscita a resistere in quell’ambiente giusto sino al compimento della sua maggiore età. Poi presa da un raptus errabondo, si era imbarcata su una nave da crociera come inserviente in cucina. Da una nave all’altra aveva trascorso i successivi dieci anni della sua vita come cittadina del mondo, aveva visitato molti paesi e visto molte città che avevano impreziosito ancor di più il suo spirito.
Soledad aveva quindi deciso di riprendere una vita decisamente più sedentaria. Si era licenziata all’ultimo approdo durante una crociera ed in quella città aveva deciso di stabilirsi per i prossimi anni a venire.
Come la vita sa sorridere a chi già sorride, trascorse gli anni seguenti in maniera molto leggera godendo dei momenti belli che il destino aveva preparato sul suo cammino, questo sino al suo incontro con una persona che avrebbe modificato il corso della sua esistenza.
Si narra che il fato sia tessuto in modi misteriosi ed incomprensibili. In verità come riporta pure la mitologia greca l’intricato motivo della tela della vita e ben chiaro alle tre Moire: Cloto, Làchesi e Atropo. E l’ultima delle tre sorelle, la più vecchia, era già pronta a tagliare il filo di Soledad con lucide cesoie. La sua vita era stata intessuta soprattutto con fili d’oro che rispecchiavano il suo animo e questo nonostante le sue misere condizioni d’origine. Ma lo stame nero che costituiva quell’ultimo filo era già pronto per essere reciso.
E d’intrecci proprio è costellata la nostra esistenza.
Elpide, nipote di Gilda era con gli anni divenuta una bimba tanto esuberante che era davvero impossibile riuscire a contenerla. Amatissima dalla nonna che le aveva fatto da madre e da padre senza mai farle mancare nulla. Ma data la non più verde età tendeva a stancarsi presto ed ad aver bisogno ogni tanto di una sosta da quella creatura così vivace.
Elpide era quasi in età scolare ed ogni mattina poco prima di pranzo se il tempo era buono come quel giorno, veniva accompagnata dalla sua nonna nel piccolo parco cittadino poco distante da casa loro. Non erano posizionati al suo interno molti giochi, ma in mezzo a quegli alberi rigogliosi anche solo un dondolo, un’altalena ed uno scivolo potevano costituire per una piccola bimba tesori a cui era impossibile rinunciare.
E Gilda ben ne era consapevole e mai per nulla al mondo avrebbe permesso a quel frutto ancora piccolo ed acerbo di perdere anche solo un giorno di giochi e divertimento.
I piccoli compagni di gioco di Elpide erano già quasi tutti presenti nei giardini, si potevano sentire le loro striduli vocette al di là della strada, dietro ai cancelli aperti dei giardini.
Quel giorno Soledad prestava servizio presso la Croce Rossa del quartiere come volontaria. Ancora condizionata dal retaggio lasciatole dai tempi in cui aveva vissuto in convento, cercava di dedicare una piccola parte del suo tempo al servizio degli altri. Era in pausa insieme ai suoi colleghi e tornavano dalla piccola caffetteria dove si erano recati poco prima.

Soledad incrociò il suo cammino con quello di Gilda e della sua nipotina Elpide.
Ma non prestò attenzione a loro, proprio non le conosceva, e poi era troppo presa dalle parole scambiate con uno dei suoi compagni in particolare, un giovane verso cui nutriva una qualche tipo d’interesse affettivo.
In quel momento la piccola Elpide, presa dalla frenesia di raggiungere i suoi amichetti al parco al di là della strada, strappò la sua manina da quella della nonna e senza badare al traffico si gettò in mezzo alla strada.
I fatti si svolsero con una velocità che non lasciò spazio a riflessioni di sorta. Una macchina sopraggiunse, proprio mentre la piccola era al centro della strada, troppo in velocità per una qualsiasi possibilità di manovra d’arresto.
Soledad non esitò un solo istante, proprio mentre tutti erano paralizzati come statue di marmo, corse verso Elpide e con tutta la sua forza la scagliò per terra dall’altra parte della strada.
Soledad era assolutamente consapevole di quello che stava accadendo, nonostante la rapidità con la quale si svolsero gli avvenimenti, con discernimento e consapevolezza affrontò le conseguenze di quel suo gesto.
Soledad fu travolta in pieno dall’autoveicolo e senza possibilità di poterla scampare perse la sua vita.
A lei fu concesso sicuramente il coraggio di perdere la propria vita.
Gilda piangendo ed abbracciando la nipotina fu davvero scossa dall’accaduto.
E pensando ai trascorsi della sua vita inevitabilmente sorse nella sua mente una domanda.

A chi appartiene quindi il coraggio?

A colui che con coraggio vive la propria esistenza quando oramai ha già perso tutto come era accaduto a lei oppure a chi al culmine della propria con coraggio affronta la propria morte?

Lunedì, 31 Maggio, 2021

Rosaspinamilla e la Neve.

Un Mondo Magico di mille Creature,

di Gatti di paesaggi sconfinati e meravigliosi.

Sulla Piattaforma Amazon!

Rosaspinamilla_e_la_Neve.jpg

Vi sono Mondi che trascendono il nostro. Spesso imperscrutabili.
Dimensioni in cui il pensiero può dirigersi e godere di posti e paesaggi senza eguali.
Nel fantastico Mondo della nostra mente.
Mondi che nondimeno hanno una propria esistenza e certa realtà.
Non esiste un un’unica dimensione del pensiero,
ma una moltitudine di pensieri differenti e con pari dignità.
Di ciò questo libro tratta.
Della libertà della condizione della nostra mente.

…vi è in special misura, una specie che più delle altre gode
della facoltà, essendo a noi superiore in un modo che non
potrei meglio definire, di potersi muovere tra tali Mondi.
Senza sforzo e con agilità passare e vivere a volte
contemporaneamente in due Mondi diversi.

Gatti. Sono i gatti.

Per molti ciò non è sorprendente, anzi forse aspettato.
Da sempre hanno accompagnato e pervaso la nostra cultura.
Ciò che da i più accorti ed eruditi è pensato, consiste nella
constatazione che probabilmente la nostra presenza ha
accompagnato nella storia, la storia felina.


Mentre se ne andava, Rosaspinamilla, sentì come un brivido
correrle lungo la schiena. Avvertiva come una presenza
negativa intorno. Non se ne seppe dare ragione, ma fu come
se una corrente gelida la colpisse alle spalle. D’improvviso.
La cupezza prese il sopravvento, cancellando in un solo attimo,
quei giorni rilassati e piacevoli. Un triste presentimento le
attraversò la mente. Tentò inutilmente di cacciarlo, ma poi
le si ripresentò subito.
Non disse nulla, non voleva fare preoccupare inutilmente,
pensò, i propri compagni.

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Introduzione.

.

Lenta la via del tramonto.
La notte avanza improvvisa.
Forse non vista?
Lascia comunque spazio al sonno.
E poi, d’improvviso, il mattino.

.
.
.

Ora vi dirò dei Molti Mondi e dei Mondi di Mezzo.

Cosa è il Mondo? Il nostro Mondo, quello in cui abitiamo, che chiamiamo Terra.
Terra, come quella bruna, scura, da cui nascono una moltitudine sterminata di piante, fiori, alberi. Ovunque possa rimirare l’orizzonte un’altra moltitudine, altrettanto sterminata, di profumi, animali, insetti, volatili, pesci.
Una danza variegata di luci, ombre e colori.

E la musica? La musica del Mondo. Così affranta, soffice, fragrante, che permea ogni essere vivente animato e no.

Sempre più prendo coscienza della limitatezza di ciò che udiamo, ascoltiamo, vediamo, osserviamo, palpiamo, odoriamo ed assaggiamo.
Che vibrante percorre i nostri sensi.
Che fa tremolare la pelle.
Palpitante, palpitare il cuore.
E ciechi e sordi non percepiamo la vita di tutto ciò che è vivo eppur non si muove.
Ciechi non riusciamo a vedere le vibranti onde che attraversano ogni cosa che ci circonda.
Come sordi vaghiamo senza percepire il movimento delle cose.
Delle foglie, del vento, del cielo, dell’acqua e di ogni singolo minuscolo frammento di roccia o pietra.
Come impauriti viandanti abbiamo nascosto la natura di ogni cosa.
Categorizziamo ogni cosa.
Definiamo con precisione ogni pensiero ed ogni azione.
Tutto ciò che è presente nel creato, deve osservare precise leggi, regole, deve incasellarsi con ragione e raziocinio in ciò che noi abbiamo definito e deciso, nulla si deve sottrarre a queste leggi.
Tutto ciò che paventa essere diverso, nuovo, non spiegabile, deve e deve essere negato, recluso, umiliato ed abnegato.
Ci vantiamo persino di affermare che tutto debba essere compresso in ciò che sono i nostri dettami.
Ci arroghiamo il diritto di piegare, se non spesso spezzare, tutta quanta la Natura al nostro volere.
E quindi, senza giustificazione alcuna, oltre che la nostra, bruciamo, storpiamo ed uccidiamo.
Ogni cosa è schiava della Ragione e della Scienza.
E con questo corrompiamo Ragione e Scienza.

E la Magia? Dov’è la Magia di ogni cosa, essere, pensiero, azione?
Semplicemente non esiste ed è colpevolmente relegata all’oblio.

Ma non voglio parlarvi di questo. Oh no.
Io vi parlerò di altro.
Di pensieri diversi, mistici e magici.
Ove ogni cosa è al posto che desidera.
Ove è l’Universo stesso a collocare ciò che è posto.
Non il Pensiero dell’Uomo.
E quindi in un Universo dove tutte le cose sono dove esse hanno stabilito di essere, esse si possono esplicare ed affermare.

Noi, qui, in questo preciso istante, vediamo solo il nostro, piccolo, limitato mondo che i nostri sensi e la nostra mente possono percepire.
E qui, proprio in questo preciso istante, esistono e coesistono, centinaia, milioni, miliardi di infiniti mondi.
Proprio mentre discorriamo essi danzano, si evolvono, si compenetrano, interagiscono, s’influenzano e si esplicano.
Ogni Mondo coesiste insieme a tutti gli infiniti altri, ma noi, limitati come siamo, ne cogliamo a stento il nostro.
I Molti Mondi sono tutti presenti insieme, ma tra un Mondo e l’altro esistono altre Terre, le Terre di Mezzo.
Come dicevo ogni Terra di Mezzo compenetra altri Mondi, che mutuamente influenza e modifica di conseguenza. Ogni azione compiuta in questo può avere conseguenze ed azioni in ogni Terra di Mezzo e viceversa.
Esistono innumerevoli punti di contatto tra tutte queste terre, ed è possibile anche vivere in più mondi contemporaneamente.
Oppure passare tra gli uni e gli altri.
Per fare tutte queste cose esistono mezzi od altri mezzi a seconda delle circostanze e delle caratteristiche dei Mondi stessi.
La cosa è così variegata che non esistono precise circostanze, anche se quasi sempre così accade.
Può persino succedere che del tutto casualmente ci si possa muovere da una Terra ad un’altra d’improvviso. Quando questo accade, la nostra mente lo può rifiutare, negare o spiegare.
Son poche invero le persone in grado di saper cogliere ed accettare la cosa.

Diversamente accade nel mondo animale.
Vi è in special misura, una specie che più delle altre gode della facoltà, essendo a noi superiore in un modo che non potrei meglio definire, di potersi muovere tra tali Mondi.
Senza sforzo e con agilità passare e vivere a volte contemporaneamente in due Mondi diversi.

Gatti. Sono i gatti.

Per molti ciò non è sorprendente, anzi forse aspettato.
I gatti da sempre hanno accompagnato e pervaso la nostra cultura.
Ciò che da i più accorti ed eruditi è pensato, consiste nella constatazione che probabilmente la nostra presenza ha accompagnato nella storia, la storia felina.
Non è ben chiaro se non siano stati gli stessi gatti a permettere, a noi spettatori, di essere presenti nel loro cammino.
Quel che è certo, è che essi siano stati sempre presenti nel mio di cammino.
Sin da bambino, sin da quando ho un ricordo, almeno un gatto mi ha sempre accompagnato.

Da quando invece ho coscienza dei Mondi, delle Terre e degli Universi?
Beh, questa è stata una scoperta di solo qualche tempo fa.
O meglio in realtà non è così.
Ho infatti scoperto recentemente che già in giovane età avevo saputo della cosa.
Ma accadde un fatto grave, a me ora sconosciuto e dimenticato che mi impedì per diverso tempo di non ricordare più nulla.
Sino ad una ventina di anni fa, avevo il sentore, la sensazione, di conoscere come stavano effettivamente le cose, ma non riuscivo più a ricordare.

Poi entrò nella mia vita una gatta.
Una gatta particolare, speciale ed unica direi.
Macchia, detta la Topa.
Fu un’esperienza sconvolgente, impensabile ed inaspettata, che mi scaraventò all’improvviso in un mondo del tutto nuovo, strabiliante e magico.
Da allora non ho più avuto una vita, direi, normale.
Questo incontro ha cambiato il modo in cui vedo le cose. Ed intendo precisamente ogni cosa.
Ogni oggetto, ogni esperienza, persino le cose più piccole o più grandi.
Tutto è stato illuminato in un modo nuovo, palpitante e vivo.
Sì direi proprio vivo.
Perché ora, qualsiasi cosa mi sembra come dotata di spirito di vita.

E son convinto che, alla fine del viaggio, anche voi avrete la stessa mia convinzione.

Per la precisione questa rivelazione non ha cambiato solo me.
È stata sconvolgente anche per la persona con la quale condivido la vita. Ermy.
Questa nuova conoscenza ha cambiato radicalmente le nostre esistenze e ci ha proiettato in territori inesplorati.
L’incontro con Macchia, la Topa, mi ha toccato profondamente e mi ha aperto la conoscenza e la mente.

Di questi eventi, però, vi parlerò un’altra volta.
Ora vorrei raccontarvi di una storia, vissuta con un’altra gatta. Rosaspinamilla.
Un’altra micia speciale.
Vorrei raccontarvi di lei, della sua vita, di alcune delle sue avventure.
Di lei si, ma anche di noi, del nostro Mondo, di un altro Mondo e delle cose successe.

Ma prima devo fare alcune premesse.

Avete mai osservato quanto può dormire un gatto?
Incredibilmente anche più di diciotto ore in una giornata.
Si può dire, senza timore di smentita, che siano campioni di sonno.
Sempre alla ricerca di un posto morbido e caldo in cui acciambellarsi e ronfare, che sia una sedia, un divano, un letto, od ancora, preferibilmente, una bella minuscola e scomoda scatola di cartone, nella quale chiunque direbbe impossibile riuscire ad entrare, ed invece come per magia infilarsi e dormire.
Vi sono giornate, quelle soprattutto scure e piovose, ma anche a dire il vero quelle calde ed estive, in cui il sonno è solo interrotto per mangiare, giocare, pretendere qualche coccola e carezza, espletare qualche necessario bisogno fisiologico, passare ragguardevoli momenti alla propria pulizia e poi filati di nuovo a dormire.
Un’esistenza, chiunque osserverebbe, declinata alla pigrizia ed all’ignavia.
Chiunque, però, non a conoscenza della reale natura delle cose e in cosa consista veramente la vita di un gatto.
Si veda che in verità il gatto è caratterizzato da una dote peculiare.
L’immanenza della presenza.
Tale peculiarità gli permette di coesistere contemporaneamente in due mondi differenti.

Uno il nostro Mondo, la Terra, l’altro una terra dei Mondi di Mezzo, Albatros, il Regno, denominato anche il Mondo Perduto dei Ragni.
Tale denominazione deriva da un evento accaduto eoni fa.
Si narra che miliardi di anni or sono, fosse un Mondo dominato da centinaia di specie di ragni differenti, tutte specie caratterizzate da acuta intelligenza e da molte abilità.
Era un mondo bellissimo, ricco di fauna e di flora straripante.
Tutte le varie specie di Ragni erano abili coltivatori della terra ed esperti giardinieri.
Più che ad un mondo era simile ad un enorme giardino, la cui superficie era molto più estesa di quella della nostra Terra, avendo un diametro di circa due volte e mezzo il nostro.
Caratterizzato da un unico enorme continente immerso in un oceano vastissimo.
Tutta l’acqua del pianeta rifletteva una soffice luce verde, e tutto il pianeta sembrava immerso in una soffusa aurea verde chiaro.
Era infatti conosciuto come il Mondo Verde.
Il sistema era dotato di quattro lune, di cui tre grandi approssimativamente come la nostra, ed una più piccola e più vicina al pianeta.
Erano chiamate come i quattro numi protettori di tutte le specie dei Ragni. Arama, Lux, Sublux e la loro piccola Anumas.
Erano anch’esse ricolme di vita, anche se popolate da specie diverse, ad eccezione di Anumas, la cui atmosfera era stata spazzata via dalla troppa vicinanza al pianeta, che come una matrigna le aveva portato via l’atmosfera e l’acqua, e di conseguenza la vita, con la sua forza gravitazionale.
Come presagio funesto di ciò che essa stessa avrebbe fatto poi alla sua matrigna.
Difatti viene ancora narrato, che un folle abitante di Lux, nominato nelle cronache come Furmus, fosse stato esiliato su Anumas dal Popolo dei Ragni, e animato da forte risentimento verso quel Mondo, si erse a dio vendicativo e usando una perduta tecnologia, fece precipitare il nume inferiore sul pianeta matrigno.

I Ragni essendosi resi conto per tempo, anche se tardi ormai per qualsiasi contromisura, dell’infausto destino, ebbero appena il tempo per fuggire e sparpagliarsi nei vari Molti Mondi. Non tutti però, riuscirono o vollero abbandonare il pianeta natio. Quei pochi che sopravvissero furono sprofondati ed imprigionati nelle viscere del pianeta dagli sconvolgimenti che seguirono la catastrofe.
Moltissimi dei fuggitivi, invece, riuscirono a giungere attraverso un portale, nel nostro Mondo e qui soggiornare.
Essi, a differenza dei gatti non possedevano l’immanenza della presenza e quindi per viaggiare, necessitavano dell’utilizzo dei portali per potersi muovere tra i vari Molti Mondi.
Condizione che si presenta sempre, però, durante il passaggio da un mondo ad un altro, è il verificarsi della trasmutazione.
Si è soggetti cioè ad un cambiamento radicale che può coinvolgere sia la mente che il corpo per assoggettarsi alle nuove condizioni fisiche del nuovo Mondo.
In tale passaggio essi persero quasi tutte le loro facoltà intellettive superiori, divennero predatori e carnivori.
Nel nostro mondo, anche se spesso scambiati per insetti, non appartengono a nessuna classe sistematica anche se hanno molte affinità con gli artropodi nei quali sono classificati.
Anche se per lo più hanno conservato alcune caratteristiche anatomiche, nel viaggio persero le loro peculiarità migliori.
Abbandonato, il loro Mondo, andò incontro ad uno scontro terribile, anche se mitigato in parte dalla relativa vicinanza, con il satellite ora precipitato.
Lo stupendo Mondo Giardino, vide spezzare in cinque parti il grande continente, eruttare vulcani e verificarsi dilanianti terremoti.
Dopo milioni di anni tornò a poco a poco la pace, ed il colore verde riprese a prevalere ovunque.
Nacquero nuove specie di piante ed animali ed il pianeta si ripopolò di vita.
La luna Anumas penetrò in profondità nel pianeta, dando origine ad un enorme continente le cui vette, di cui il Monte Ergos è la cima più imponente, si ergono persino oltre l’atmosfera del pianeta come un lungo pugnale infilzato nelle costole di un gigante.
Di Furmus, il folle, non si ebbe più traccia, anche se si narra ancora, sia imprigionato nel cuore stesso del pianeta, senza poter mai abbandonarlo.
I gatti come detto sono caratterizzati dal godere dell’immanenza della presenza.
Questa loro particolare caratteristica, di poter contemporaneamente essere sia qui che altrove, comporta la necessità di mantenere una certa, diciamo, coesione di presenza.
Mi spiego meglio.
Avere consapevolezza della propria coscienza in due realtà distinte non è cosa da poco e nemmeno è alla portata di tutte le creature.
I gatti, sì è vero, sono esseri dotati e dai mezzi superiori alla maggior parte degli esseri animati, ma questa qualità non è la loro.
Per essere perfettamente presenti in una delle due realtà, necessitano di esserlo meno nell’altra.
E ciò avviene dormendo.
Tutto questo deve accadere con un sincronismo perfetto, direi magico.
Mai è accaduto che un gatto svegliato in modo brusco in questo Mondo, abbia causato problemi alla sua presenza nell’altro.
Se ciò fosse mai avvenuto, nell’altra realtà, di sicuro si sarebbe verificato un fatto che avrebbe giustificato il suo addormentarsi. E così pure al contrario.

Anche la misura del tempo avviene in modo differente nei due mondi.
Innanzitutto la giornata ha una durata di circa trentatré ore.
Su Albatros i nostri gatti sono denominati come la specie dei Felidi, che è quella, tra tutte le creature del Mondo di Mezzo, che più di tutte necessita di tempo per dormire.
Su un’intera giornata, almeno otto devono essere dedicate al sonno.

I due soli che illuminano i cieli del Mondo di Mezzo, sono chiamati i Due Fratelli, Alemanus ed Oliente. Insieme alle tre sorelle, le Lune, Arama, Lux, Sublux, si spartiscono la volta celeste.
Il giorno illuminato ha una durata sempre variabile, a causa della danza dei Soli uno intorno all’altro, ma non supera mai le diciannove ore. Il resto del tempo è lasciato alla notte.
Su questo Mondo, tutte le creature, ad eccezione dei Felidi, sono proiettate nelle braccia del sonno per al massimo tre, quattro ore per notte.

Una delle peculiarità, che può apparire parecchio curiosa, di molte delle creature che popolano questo Mondo di Mezzo, è il possedere ben due spiriti distinti che compongono il loro animo.
L’uno diurno e l’altro notturno.
Questa bizzarra caratteristica fa in modo che quasi coesistano nella stessa anima due personalità, a volte anche distinte. Di norma però, esse differiscono in maniera così sottile che è difficile distinguere l’alternarsi di una rispetto all’altra.
Ciò comporta il verificarsi anche di lievi cambiamenti quando è presente questa o quella.
Nei gatti questo non avviene, a questo è dovuto il motivo della loro necessità di maggiore sonno. E della ragione per cui sono simultaneamente presenti nei due Mondi.

Inoltre non solo la durata del giorno è maggiore su Albatros, ma lo stesso tempo può subire contrazioni od improvvise accelerazioni sia qui che lì.
Per cui a volte può accadere che mentre qui sono passate poche ore là ne siano passate decine o forse più, o viceversa.
Persino un solo secondo qui, può corrispondere addirittura a giorni di là, come in effetti è e spesso si verifica.
Però, il tutto è perfettamente coerente ed armonioso come in una sinfonia perfetta.
Nulla è slegato, tutto è collegato da invisibili fili.

Può anche persino accadere che quando qui essi muoiano, continuino a condurre una lunga vita dall’altra parte, avendo qui assolto al loro destino.
E così, se altrove muoiano, conducano qui la loro restante vita.

Perciò quando i nostri mici dormono, sappiate, che essi stanno conducendo altrove una vita intensa, piena di avventure e sogni.

I sogni appunto.
Di essi ora ho da parlare.

In verità anche a noi esseri umani è stata concessa qualche dote.
Misera cosa certamente, rispetto a ciò che è stato dato al popolo dei gatti, sicuramente più evoluti, ma pur sempre di una qualche nota.
Noi sogniamo. Facciamo, durante il sonno, sogni stupendi, terribili, angoscianti, tenebrosi, bellissimi, grandiosi.
Sono sicuro che ognuno di noi si sia chiesto, sin dalla notte dei tempi, cosa essi siano, cosa rappresentino.
Ebbene i sogni non sono altro che la nostra percezione dei Molti Mondi e dei Mondi di Mezzo.
Mentre i gatti possono esistere in due mondi contemporaneamente, noi possiamo viaggiare in una moltitudine di universi coesistenti, essere, ed avere coscienza in ciascuno di essi.
Ci sono infiniti noi stessi che vivono, crescono e pensano in un numero infinito di Mondi.
Nel sonno non facciamo altro che prendere coscienza di quei Mondi, essere presenti ed agire durante il sonno in ognuno di essi.
Di questo ho certezza.
Ho fatto sogni, a volte di una vita intera, in cui ho vissuto, pensato, navigato, corso, lavorato. In essi sono esistito.
Ho visto albe abbacinanti, paesaggi in cui mi sono perso.
Ho scalato montagne di cui non vedevo la sommità.
Ho navigato per mari la cui estensione e profondità non era possibile determinare.
Ho parlato, ho conosciuto nuovi amici.
Ho lavorato e vissuto ogni momento con la stessa identica presenza con la quale ora scrivo queste cose.
Mondi di una lucidità, di un’estensione di colori mai vista.
Cieli così tersi e luminosi di cui non ho capacità di descrizione.
E le persone. Le persone che ho amato, che ho perdonato, che ho ammirato e che, con trafiggente dolore, ho abbandonato.
Ho camminato e corso per sentieri immersi in colline e prati, sempre vivendo ogni singolo momento sempre conscio di me stesso e di ciò che stavo facendo.
È vero, solo di alcuni ho un vivido ricordo al risveglio che tende a svanire con il procedere del giorno.
Ma di alcuni, oh, di alcuni mi è impossibile dimenticare e condannarli all’oblio della mente e della ragionevolezza.
Di essi ho memoria, una memoria che mi accompagna in ogni singolo instante che vivo qui con voi.
E pure, ogni tanto essi tornano a farmi visita, come vecchi graditi amici. E mi riportano là dove ho vissuto.
I sogni sono reminiscenze degli Altri Mondi.
Di Altri Mondi veri e reali come il nostro.
Il nostro, di cui esso stesso è memoria degli altri me, negli Altri Mondi.
Credete davvero nei Sogni e diffidate di chi vuole relegarli a mere creazioni della nostra mente per comprendere ed assimilare il vissuto.
No, essi sono.
E di tutto ciò ho avuto contezza. Ho potuto constatare personalmente la loro esistenza. E là ho vissuto a volte.
Ed anche di questo, un giorno, vi narrerò.

Chiunque abbia avuto la fortuna di vivere insieme ad un micio, sa anche di come il loro comportamento nei nostri confronti e nei confronti delle cose, possa repentinamente cambiare.
È come se, occasionalmente, siano soggetti ad una modifica comportamentale così improvvisa da lasciare spiazzati.
Nel corso della mia vita ho conosciuto decine e decine di gatti con i quali ho convissuto, ed ogni volta che tale evento si è verificato ne sono sempre rimasto colpito.
Voglio solo accennare velocemente ad alcuni episodi verificatisi nel corso degli anni con alcuni di loro.
Se non avessi avuto coscienza del motivo per cui tutto ciò accade non avrei mai potuto effettivamente trovarne una spiegazione.

Accennerò ancora a Macchia, la Topa, la micia speciale entrata nella mia vita vent’anni fa esatti.
All’epoca vivevo a Genova, in una piccola abitazione di proprietà prima dei genitori di Ermy e poi di lui stesso.
Venimmo a conoscenza, allora, del fatto che una vecchia signora, la quale viveva con il marito in una villetta fatiscente nel Basso Piemonte, ad Ovada, insieme ad una moltitudine imprecisata di gatti, avrebbe dovuto privarsi della presenza di qualche suo ospite, essendo troppo cresciuta la colonia felina nella sua casa.
Era un’anziana gattara, di nome Gigliola, molto sovrappeso, malata, claudicante, che non riusciva più a prendersi cura dei numerosi gatti. Aiutata dal marito, anch’esso disabile, a stento riuscivano a sopravvivere con le loro povere pensioni. Necessarie al sostentamento loro ed a quello dei mici presenti.
Avevano sempre provveduto alle necessità dei loro ospiti, alle dovute cure veterinarie, trascurando persino le proprie terapie mediche pur di provvedere ad essi.
Soltanto che erano arrivati ad un punto tale da non riuscire più a soddisfare né i loro bisogni né quelli dei mici. Da qui l’obbligo inevitabile di rinunciare ad alcuni.
Saputa la cosa, una Domenica ci recammo presso la loro abitazione, con l’intento di prendere con noi uno di questi animaletti.
Arrivati sul luogo il marito ci portò su in casa dove viveva con la propria compagna.
Un intenso odore di urina, mista a disinfettante e candeggina ci assalì.
Fu immediatamente chiaro di come non riuscissero più a controllare e gestire un tale numero di gatti nel posto in cui vivevano.
Vedemmo venirci incontro un donnone di media statura, chiaramente su di peso, con gambe e caviglie molto gonfie ed un incedere insicuro e traballante.
Ella ci raccontò della loro stentata vita, dei problemi medici che l’affliggevano e dell’enorme fatica che compivano ogni giorno nel solo sopravvivere.
Con fare insicuro e con le lacrime che quasi lambivano le guance, si recò nella camera da letto nella quale viveva già da un anno un micio, quasi recluso ed isolato dal resto della comunità a causa prima dei suoi problemi di salute e poi per il rapporto estremamente conflittuale che gli altri gatti avevano con lui.
Ci fu consegnato all’interno di un trasportino di vimini, completamente chiuso.
La Gigliola ci diede precise indicazioni riguardanti il misterioso gatto che ci veniva sporto.
Disse che l’anno prima, a poco più di un anno di vita, una micia, fu investita da una macchina che le provocò una frattura al bacino costringendola all’immobilità per più di un mese.
Fu di conseguenza isolata dal resto della comunità in una camera separata.
Dopo diversi mesi di solitudine, nei quali lentamente si riprese, fu tolta da questa prigionia e rimessa a contatto con gli altri felini.
A causa ancora delle sue deboli condizioni però fu oggetto di continue aggressioni e rifiuti che la costringevano a nascondersi ed a rimanere isolata.
Temendo che ciò potesse pregiudicare la sua convalescenza, fu isolata e rinchiusa nuovamente nella camera da letto.
E lì era rimasta sino al nostro arrivo.
Il suo nome, ci disse, era Macchia.

Macchia
Molto timorosi e preoccupati ci accingemmo al ritorno a casa.
Giunti nella nostra abitazione, con estrema circospezione, aprimmo il trasportino sino a scorgere un batuffolo nero, macchiato di bianco, con due grossi occhi gialli e spiritati.
Non appena lo sportelletto fu aperto, fulmineamente fuggì fuori, alla ricerca di un rifugio in cui rintanarsi.
Prima di corsa sotto al letto, poi sotto all’armadio di fronte, e poi dopo che ci fummo sufficientemente allontanati, di corsa verso la cucina e poi il bagno.
Una volta lì si nascose sotto alla vasca da bagno, un’enorme tazza in ghisa che avevamo restaurato, dotata di graziose e decorate gambe.
Decidemmo allora di lasciarla stare da sola, convinti che nei giorni successivi, un po’ per curiosità, un po’ per necessità, sarebbe uscita e pian piano a noi abituata.
In bagno posizionammo la sua cassetta per i bisogni, la ciotolina dell’acqua e del cibo.
Passò un giorno. Ne passarono due. Passarono tre giorni. Una settimana.
Il cibo veniva regolarmente consumato e i bisogni fatti.
Passarono due settimane. E poi tre.
Ogni tanto mi piegavo sino al pavimento e li mi sdraiavo per scrutare al di sotto della vasca da bagno.
Lì sotto vedevo due occhi grandi come fari. Timorosi e spaventati.
Un corpicino nero, appallottolato e rannicchiato. Quasi tremante.
Passò un mese. E poi ancora un mese.
Senza alcun segno di avvicinamento. Solo paura.
A due mesi esatti persi la pazienza. Temendo soprattutto per la sua condizione fisica e mentale.
Con fare deciso e risoluto mi recai in bagno, allungai disteso un braccio sotto la vasca e presi senza indugio il suo piccolo corpicino tra le mie mani.
Mi diressi verso il cucinino, assolutamente determinato a non lasciarla andare via.
Mi sedetti con lei tra le braccia e rimasi così stringendola a me senza possibilità di fuga alcuna per più di una mezz’ora.
Piano piano, la paura ed il tremore cedettero spazio prima alla rassegnazione e poi lentamente alla stanchezza. Sino a lasciarsi andare rassegnata ad un profondo sonno.
Dopo molto allentai la presa e la posi sul letto, e lì rimase a guardarmi mentre mi allontanavo a sbrigare le mie faccende.
Non scappò più alla mia presenza od a quella di Ermy.
Cominciò a seguirmi ovunque come un’ombra. Ovunque mi girassi od andassi me la trovavo costantemente tra i piedi.
Non mi lasciò più. Anche la notte quando andavo a dormire, correva su in cima al cuscino, aspettava mi coricassi per poggiare il suo musetto macchiato di bianco sul lato sinistro su uno sfondo nero, sul mio viso. Come per abbracciarmi, ed insieme a me dormiva, il suo respiro sul mio respiro.
Non potrò mai dimenticarla. E nemmeno dimenticare questo suo cambiamento improvviso e repentino. Avvenuto così, magicamente. In modo ovvio e scontato.
Questo è stato il cambiamento, avvenuto nel carattere e nel modo di essere di un gatto, che ricorderò più di tutti. Quello che più mi ha toccato e coinvolto.
Ma è stato solo uno dei tanti avvenuti nella mia lunga esperienza avuta con essi.
Cambiamenti inaspettati, spessissimo inspiegabili.
Ma in vero, poi compresi.
Avvenuti sempre a seguito di ciò che essi ebbero a vivere nell’Altro Mondo, Albatros.
Così ebbi modo di constatare personalmente, nei miei numerosi viaggi con loro.
Esperienze su esperienze.
Vissute in un Mondo o nell’Altro.
Che in un Mondo o nell’Altro condizionavano ciò che accadeva nell’Altro od in questo Mondo.
Che mutuamente mutavano e si influenzavano in una orchestrata danza di reciproci condizionamenti.

Ogni cosa tra i Molti Mondi avviene in maniera armoniosa, quasi musicale.
Come ho già detto è come se tutti i Mondi insieme vibrassero alla stessa frequenza o suoi multipli o divisori.
Non è un caso che parli di melodie musicali.
Ma perché proprio la Musica?
Perché negli universi tutto è vibrazione, si ritiene oramai che essa caratterizzi ogni cosa.
Dalle cose più piccole, indefinitamente piccole come le particelle atomiche e subatomiche, alle cose più grandi come le galassie, gli ammassi e gli universi stessi.
Quindi tutto è suono e musica.
E la musica che noi esseri umani creiamo e riproduciamo, ha effetti sensibili su tutto il nostro pianeta.
Esiste una particolare frequenza, nel nostro Mondo che lo caratterizza e lo definisce.
Viene chiamata Frequenza Fondamentale delle Risonanze di Schumann.
Come ben si sa, il nostro pianeta è dotato di un sistema molto complesso di Campo Elettromagnetico.
Una sua parte è costituita da un insieme di frequenze estremamente basse, appunto le cosiddette Risonanze di Schumann, generate dall’interazione dei fulmini con la ionosfera terrestre.
Ebbene una di queste frequenze si distingue per maggior intensità dalle altre.
Essa ha una frequenza approssimativa di 7,83Hz.
Questa frequenza e la stessa che definisce il margine superiore delle Onde Theta evidenziate in un tracciato elettroencefalografico della fase REM del sonno.
La fase REM del sonno è quella che caratterizza la presenza dei sogni mentre dormiamo.
Prima di passare nella fase di veglia, al nostro risveglio, rimaniamo sempre un poco nel limbo, tra Mondi diversi, quelli dei nostri sogni e quello del nostro Mondo.
È il momento in cui in noi è ancora presente il ricordo dei sogni che poco a poco svaniscono dalla nostra memoria, lasciando spazio alla realtà quotidiana.
Questa è la frequenza di coesione che mantiene uniti tutti i Molti Mondi e tutti i Mondi di Mezzo.
Attraverso questo meraviglioso meccanismo celeste noi umani viaggiamo tra le nostre infinite coscienze in tutti gli infiniti universi mentre dormiamo.
Attraverso esso i Gatti si spostano tra il nostro Mondo ed il Regno di Albatros.

Ed ora arriviamo al narrare della storia.

La storia di Rosaspinamilla.

Rosaspinamilla